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domenica 29 luglio 2012

I progressisti in nome dei gay mistificano anche Platone.



L’Italia - si dice - è sull’orlo della bancarotta economica e il Pd in che modo si candida a governarla? Azzuffandosi sulle «nozze gay». Se questa torrida estate non fosse tragica, sarebbe comica. Perché perfino l’incolpevole Platone viene trascinato a sproposito nell’infuocata querelle che in queste ore ha visto polemizzare la Bindi, Bersani, la Concia e Casini. È capitato sulle pagine di D, il magazine di Repubblica. Nella sua consueta rubrica, Umberto  Galimberti critica il fatto che scienza, psicoanalisi, religione e diritto - a suo avviso - discriminano l’omosessualità considerandola «esclusivamente sul piano sessuale» (a differenza dell’eterosessualità).  A questo punto Galimberti sostiene che Platone combatté proprio questo «pregiudizio negativo nei confronti degli omosessuali» e per dimostrarlo si lancia in un’azzardata escursione nel «Simposio». Da cui cita un passo dove - a suo avviso - «Platone lega opportunamente la condanna dell’omosessualità a un problema di democrazia, a cui forse noi, a causa del perdurare dei pregiudizi, non siamo ancora giunti».

Ora, fare di Platone un teorico e paladino della «democrazia» (oltretutto una democrazia moderna e libertaria) è - a dir poco - surreale. Per sorriderne non occorre neanche aver letto Karl Popper (o il libro di Franco Ferrari, «Platone. Contro la democrazia», Rizzoli).

PAUSANIA, CHI ERA COSTUI?

Ma ancora più sconcertante è vedere attribuito a Platone un pensiero che nel «Simposio» è espresso da Pausania. Si deve infatti sapere che in questo dialogo vari personaggi intervengono esprimendo il loro diverso punto di vista su Eros. La voce con cui si identifica Platone ovviamente non è affatto quella di Pausania o quelle di Aristofane e di Agatone, ma - come di consueto - quella di Socrate che interviene dopo tutti gli altri e che demolisce tutti i discorsi che lo hanno preceduto. In sostanza Socrate guida gli ascoltatori a scoprire che l’amore non è ciò che loro credevano, ma piuttosto l’attrazione che l’anima umana ha per la perfezione e per l’Assoluto (qui si capisce perché il cristianesimo dialogò subito, non con le religioni, ma con la filosofia greca, che vedeva pervasa dell’attesa del Logos divino).

Se poi consideriamo l’intervento di Pausania - quello che Galimberti erroneamente presenta come pensiero platonico - è assai dubbio che si occupi di omosessualità, ma di certo si può dire che è il discorso più misogino che lì risuoni perché attribuisce l’amore per le donne all’Eros dell’«Afrodite volgare» (e lo depreca), mentre l’ Eros dell’«Afrodite celeste» è esclusiva dei maschi. È davvero esilarante che su un magazine femminile quale è  D venga citato come esemplare, edificante e «democratico» un discorso di quel tenore dove Pausania esalta il genere maschile perché «per natura più forte e più dotato di cervello».

ALTRO CHE PERBENISTA

Se poi volessimo sapere cosa veramente Platone pensava e cosa ha scritto sulla pratica omosessuale, scopriremmo pagine che oggi, sulle colonne del giornale di Scalfari e Galimberti, verrebbero subito condannate come terribilmente «omofobe».

Infatti nelle «Leggi», Platone critica quanti hanno «corrotto la norma antica e secondo natura relativa ai piaceri sessuali non solo degli esseri umani, ma anche degli animali». E spiega: «Bisogna considerare che, a quanto pare, il piacere sessuale fu assegnato secondo natura tanto alle femmine quanto ai maschi affinché si accoppiassero al fine di procreare, mentre la relazione erotica dei maschi con i maschi e delle femmine con le femmine è contro natura e tale atto temerario nasce dall’incapacità di dominare il piacere».

Come si vede qui Platone è perfino più «rigorista» della Chiesa per quanto riguarda l’unione dell’uomo e della donna al cui congiungimento fisico la teologia cattolica riconosce anche il fondamentale valore unitivo, cioè dell’amore fra i coniugi. In altri passi delle «Leggi», Platone condanna di nuovo i rapporti sessuali diversi da quelli fra uomo e donna adulti, invitando ad attenersi alle leggi di natura e a cercare sempre e solo l’acquisizione delle virtù. Il filosofo greco sembra considerare perfino come un «pericolo», per l’ordine sociale, gli «amori di donne al posto di uomini e uomini al posto di donne» perché «innumerevoli conseguenze sono derivate agli uomini privatamente e a intere città». Del resto Platone - decisamente lontano e opposto alla mentalità epicurea -  indicando l’esempio di un famoso atleta, Icco tarantino, che per vincere alle Olimpiadi si astenne da tutti i piaceri durante il lungo allenamento, invita a incitare i giovani a fare altrettanto e a «tener duro in vista di una vittoria molto più bella» ovvero: «la vittoria sui piaceri». Platone - con buona pace di coloro che fantasticano di un’antica Grecia libertaria e accusano la Chiesa Cattolica di aver portato illiberalità e sessuofobia - arriva addirittura a chiedere alle leggi di prescrivere la virtù: «La nostra legge deve assolutamente procedere dicendo che i nostri cittadini non devono essere peggiori degli uccelli e di molte altre bestie che, nati in grandi gruppi, vivono fino alla procreazione non accoppiati, integri e puri da unioni sessuali, ma quando giungono a questa età, congiuntisi per proprio piacere il maschio alla femmina e la femmina al maschio, vivono il resto del tempo in modo santo e corretto, attenendosi e saldamente ai primi patti d’amore; dunque essi (i cittadini) devono essere migliori delle bestie».

Questa la prima legge (dove si condannano anche i rapporti prematrimoniali e l’adulterio). E «qualora (i cittadini) vengano corrotti», aggiunge Platone, bisogna escogitare «una seconda legge per loro». Ovvero, se proprio alcuni non resistono all’attrazione dei piaceri senza legge «sia presso di loro cosa bella compiere di nascosto questi atti (…), mentre sia turpe il non farli di nascosto». Questo è il Platone vero, quello che racchiude le leggi nell’«ossequio agli dèi, l’amore pe gli onori e il fatto che non ci sia desiderio dei corpi, ma dei bei costumi dell’anima».

Dell’altro Platone, quello di Galimberti, non si trova notizia sui suoi testi. Voglio aggiungere che siccome a quel tempo sotto la categoria di amore andava anche il rapporto fra maestro e discepolo, e siccome questo rapporto poteva scadere (e scadeva) nella pederastia, c’è un passo di Platone (nella Repubblica, il dialogo filosofico, non il giornale) in cui si legge la condanna di questa degenerazione possibile: «tu stabilirai una legge nella città che stiamo fondando, in base alla quale chi prova affetto (erastés) per il suo ragazzo affezionato (ta paidikà), lo ami e lo accompagni e lo tocchi come farebbe un padre con il figlio; con il suo consenso e avendo come fine la contemplazione e la conoscenza del bello. Mai dunque dovrà accadere o sembrare che si vada oltre questi limiti».

LA FAMIGLIA NATURALE

Qualcuno potrà sorprendersi di scoprire questo Platone, perché da tempo si è diffuso il luogo comune che la famiglia eterosessuale (come fondamento della civiltà) e la legge naturale siano un’invenzione del cristianesimo. In realtà la famiglia fra uomo e donna è stata il fondamento istituzionale esclusivo di tutte le civiltà precedenti il cristianesimo e di tutti i popoli. Da sempre. E la legge naturale ben prima del cristianesimo è stata il fondamento della riflessione morale, in modo speciale nell’antica Grecia. Un formidabile saggio di Francesco Colafemmina, «Il matrimonio nella Grecia classica» vuole dimostrare tutto questo con ricchezza di citazioni (sorprendenti) e brillante scrittura. Il libro di Colafemmina (a cui devo tante preziose indicazioni) intende ribaltare «le mistificazioni contemporanee» e ricostruisce «un’etica matrimoniale condivisa fra ellenismo e cristianesimo». Una lettura preziosa in questi tempi di confusione e di ideologia. Una lettura da consigliare a tutti i nostri spensierati politici.

di Antonio Socci.

martedì 20 ottobre 2009

Ancora una volta la famiglia si salva dalle minacce della sinistra.

Dopo Lettonia, Portogallo e quasi tutti gli stati dell’USA anche il Parlamento italiano ha detto no alla legge sull’omofobia. Contemporaneamente dentro il PD è scoppiato quello che tutti già sapevano, l’inconciliabilità fra il maggiore partito italiano della sinistra e i cattolici.
Con 286 voti favorevoli e 222 contrari , quindi con una netta maggioranza, il Parlamento italiano ha votato l’incostituzionalità, affossando definitivamente, la proposta di legge presentata dal PD, primo firmatario l’On. Concia, unificata ad una analoga dell’Italia dei Valori, primo firmatario l’On. Di Pietro, tali proposte miravano ad introdurre nel codice penale il reato di omofobia. Una legge che se fosse passata avrebbe introdotto un nuovo reato, il mancato riconoscimento di un diverso orientamento sessuale in tutte le sue svariate forme sarebbe stato perseguibile penalmente. In altre parole, la sinistra voleva far passare dalla finestra il riconoscimento giuridico dell’omosessualità.
Facciamo qualche esempio dello scampato pericolo: diventando reato nessuno avrebbe potuto rifiutarsi di celebrare un matrimonio civile (anche religioso) di coppie dello stesso sesso. Nei seminari obbligatoriamente si sarebbero dovuti accettare anche omosessuali. Nessun tipo di “discriminazione” sarebbe stata accettata rispetto a persone di sesso diverso e quindi l’adozione di bambini da parte di coppie dello stesso sesso sarebbe stata imposta, pena una condanna per quanti non adempissero a questo dispositivo.
L’educazione sessuale nelle scuole, anche elementari o materne, ma anche l’insegnamento delle scienze naturali e umane avrebbe dovuto prevedere l’esistenza di un terzo “genere”, con ovvi condizionamenti culturali nei confronti degli adolescenti.
Sono soltanto alcuni esempi che servono a dimostrare le richieste “ovvie” che la lobby omosessuale aveva già in mente di richiedere, appena la legge sarebbe stata approvata. Fra l’altro questa potente lobby è abituata a rilanciare attraverso forme di vittimismo e di presunta discriminazione, quando risulta più che evidente che nel nostro Paese si ha tanta tolleranza (ed è anche giusto) e tanta libertà verso coloro che vogliono vivere la loro vita come meglio credono. Ma un conto è fare quello che si vuole della propria vita a casa propria, un conto è imporla con la violenza ad altri. Ecco perché otto deputati del PDL (Mantovano, Lupi, Bertolini, Maurizio Bianconi, Saltamartini, Pagano, Vignali, Farina) si sono opposti affermando che "la discriminazione è un concetto ampio e da un concetto così esteso deriva uno spazio enorme di intervento penale. Se costituisse aggravante qualsiasi discriminazione o istigazione alla discriminazione per motivo di orientamento sessuale, la madre che cercasse di persuadere la figlia di non sposare una persona che manifesti un orientamento 'bisessuale', per esempio, rappresentandole i rischi per la formazione di un nucleo familiare stabile, rischierebbe l'imputazione di violenza privata, aggravata da discriminazione per motivo di orientamento sessuale. Conseguenze come questa, e altre ancora più aberranti, limiterebbero in modo inaccettabile sia la libertà di espressione del pensiero, sia la libertà e l'autonomia delle persone nell'esercizio dei propri diritti e nella regolazione dei propri interessi, violando i diritti fondamentali di libertà statuiti dagli artt. 21 e 30 della Costituzione".
Il PDL è stato quasi compatto nel voto contro questa legge sull’omofobia ma non ha criticato quanti hanno votato contro (ci sono stati 10 astenuti e 8 voti a favore della tesi sostenuta dalla sinistra). Il PD invece ha avuto 3 astenuti e appena un voto contrario all’omofobia, quello dell’On. Binetti. Ebbene la povera Paola Binetti è stata massacrata ! Ora che lei votasse contro la legge sull’omofobia era scontato, tutti conoscono la sua posizione di militante dell’Opus Dei, anzi quando la candidarono nel 2006 la sinistra si vantò di ciò per catturare i voti cattolici. Oggi invece cambiano rotta a dimostrazione che il Partito Democratico sta mostrando il suo vero volto e cioè che sui temi etici non c’è “trippa per gatti”. Chi non si allinea ai post-marxisti è fuori !
E il futuro per i cattolici in quel partito si farà ancora più duro visto che, chiunque vincerà, sarà ostile alle tesi cristiane. Bersani vuole fare una versione rinnovata dell’Unione, con dentro tutti i neo-comunisti di Rifondazione e dintorni, rimasti fuori dal Parlamento. Marino vuole un laicismo spietato e attentissimo alla disciplina di partito sui temi etici. Franceschini dice di fare un partito moderato e leggero orientato a sinistra ma come si è letto sui giornali è stato il più violento contro la parlamentare teodem.
… detto ciò, ognuno tragga le conseguenze !

Giovane Italia
circolo "Giorgio Almirante"