Salviamo i nostri Marò

Salviamo i nostri Marò
I nostri due militari devono tornare a casa

Siamo contro ogni genere di Discarica nel nostro Territorio!

mercoledì 30 giugno 2010

BUONE NOTIZIE.



Amici, dopo le notizie di ieri che ci hanno turbato ed incitati a prepararci per una mobilitazione di massa, oggi è arrivta una buona notizia.

Stamane, l'amico Patrizio Coriale recandosi a Catanzaro dall'on. Pugliano si è accertato che la Regione Calabria notificasse agli enti competenti il provvedimento sospensivo del Decreto Regionale Autorizzativo.


La ditta in questione, non avendo ricevuto nessuna notifica in merito, comunicò l'inizio dei lavori, ma ora si dovranno fermare.


Pertanto tutto sarà sospeso fino al giorno del riesame ma non finisce qui...
A presto.


Antonello Voce.

Fonte: Comitato "NO alla discarica di Giammiglione"

martedì 29 giugno 2010


Amci, oggi abbiamo appreso che da da Lunedì 5 Luglio la ditta "Ecolsystem", con una comunicazione inviata al comune, inizierà dei lavori per la discarica di amianto in loc. Santa Marina di Scandale. Da domani ci attiveremo per chiedere al sindaco di impedirne l'inizio, come era stato deciso in seduta di consiglio comun...ale e nei vari incontri con le associazioni. Ad oggi non riusciamo a capirne il motivo visto che era stato sospeso tutto in vista del riesame.



Se le nostre richieste non verranno accolte, insieme alle altre associazioni ci prepareremo per una mobilitazione di Massa.


Antonello Voce.
 
Fonte: Comitato "NO alla discarica di Giammiglione"

domenica 27 giugno 2010

Pagine di Storia ...


Giorgio Almirante
(Salsomaggiore Terme, 27 giugno 1914 -
 Roma, 22 maggio 1988)


Fu il più importante esponente del Movimento Sociale Italiano, da lui fondato nel 1946 insieme ad altri reduci della Repubblica Sociale Italiana (come Pino Romualdi) ed ex esponenti del regime fascista (come Augusto De Marsanich).
Giorgio Almirante apparteneva a una famiglia di origine nobiliare molisana: gli Almirante erano stati dal 1691 i duchi di Cerza Piccola. Molti suoi parenti erano attori. Il padre, Mario Almirante, fu attore e direttore di scena delle compagnia di Eleonora Duse e di quella di Ruggero Ruggeri, ed in seguito regista del cinema muto. Il nonno Nunzio Almirante era anch'egli attore, e fratelli del padre erano anche gli attori Ernesto, Giacomo, Luigi. Era parente anche di Italia Almirante Manzini, attrice del cinema muto. A causa proprio del lavoro paterno Giorgio Almirante visse i primi 10 anni di vita in giro per l'Italia. La sua famiglia si stabili infine prima a Torino e poi a Roma.
Parallelamente agli studi, compiuti a Torino presso il Liceo Classico Vincenzo Gioberti, iniziò la sua carriera come cronista presso il quotidiano fascista Il Tevere. Nel 1937 Almirante si laureò in lettere con una tesi sulla fortuna di Dante Alighieri nel Settecento italiano con l'italianista Vittorio Rossi. La collaborazione con Il Tevere proseguì fino a divenirne caporedattore e terminò nel 1943.
Il 3 settembre del 1943 venne firmato l'Armistizio di Cassibile reso noto l'8 settembre. Alla creazione della Repubblica Sociale Italiana Giorgio Almirante passò a Salò, arruolandosi nella Guardia Nazionale Repubblicana con il grado di capomanipolo. Successivamente, dopo aver ricoperto il ruolo di Capo di Gabinetto del Ministro della Cultura Popolare di Mussolini passò al ruolo di tenente della brigata nera dipendente sempre dal Minculpop. In questa veste, al pari delle altre camicie nere, si impegnò nella lotta ai partigiani in particolare in Val d'Ossola e nel grossetano.
Dal 25 aprile 1945 fino al settembre 1946 rimase in clandestinità. Nell'autunno del 1946 partecipò alla fondazione dei Fasci di Azione Rivoluzionaria insieme a Pino Romualdi e Clemente Graziani. Il 26 dicembre 1946 Almirante partecipò a Roma alla riunione costitutiva del Movimento Sociale Italiano (MSI). Diresse "Rivolta Ideale" settimanale di propaganda. Nel nuovo partito assunse subito la carica di Segretario, che mantenne fino al gennaio 1950.
Fu eletto in Parlamento fin dalla prima legislatura (1948) e sempre rieletto alla Camera dei deputati.
Dopo la morte del segretario Arturo Michelini, tornò dal 29 giugno 1969 fino al dicembre 1987 al vertice del partito.
Il 10 dicembre 1969 Almirante in una intervista al giornale tedesco Der Spiegel dichiarò che, a suo avviso, la battaglia contro il comunismo avrebbe giustificato ogni mezzo e che era venuto il momento di non fare più distinzioni fra mezzi politici e militari.
Analogamente il 6 maggio 1970 a Genova, al comizio che segue i funerali di Ugo Venturini, Almirante afferma:
« Se altri popoli si sono salvati con la forza, anche il popolo italiano deve saper esprimere qualcuno che sia disposto all’uso della forza, per battere la minaccia comunista. »
Durante la sua lunghissima permanenza alla segreteria del MSI Almirante riscontrò problemi gestionali soprattutto dopo la fusione con i monarchici nel 1971, militavano personalità diversissime per provenienza politica e per caratteristiche caratteriali.
Fu l'artefice di quella che fu definita la "politica del doppiopetto", in bilico tra le rivendicazioni dell'eredità fascista e l'apertura al sistema.
Almirante ad un incontro pubblico, in compagnia di un giovane Gianfranco Fini alla sinistra, a destra Maurizio Gasparri e seduto Almerigo GrilzSi distinse in diverse battaglie per la difesa dell'italianità sul territorio nazionale, pronunciando discorsi-fiume (anche di nove ore) a favore del ritorno all'Italia di Trieste, la cui "questione" non era ancora stata risolta, e poi contro la modifica dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige, con la quale veniva attuata la tutela della comunità di lingua tedesca ma che a suo vedere era troppo sbilanciata a sfavore della comunità italiana, e contro l'istituzione delle regioni nel 1970. Criticò anche la legge Scelba che vietava la ricostituzione del Partito Fascista.
Agli inizi degli anni sessanta si batté contro la nazionalizzazione dell'energia elettrica; agli inizi degli anni settanta, per disciplina di partito, contro l'introduzione del divorzio. La sua posizione di apertura era stata infatti messa in minoranza durante le discussioni alla direzione del MSI. Egli stesso si era avvalso delle possibilità offerte dalla legge Fortuna-Baslini per divorziare da Gabriella Magnatti e risposarsi con Assunta Stramandinoli, conosciuta quando era sposata con il marchese De Medici e rimasta poi vedova del primo marito.
Nel 1972, grazie anche alla fusione con il PDIUM il MSI ottenne il suo massimo storico alle elezioni politiche (diventando MSI-Destra Nazionale), 8,7% alla Camera e 9,2% al Senato, eleggendo 56 deputati e 26 senatori. Già l'anno prima il MSI (ormai Msi-Dn) aveva ottenuto un notevole risultato alle elezioni regionali in Sicilia, con un clamoroso 16 per cento.
Nel 1977 affrontò la scissione che portò alla nascita di Democrazia Nazionale, partito composto per lo più da elementi di provenienza monarchica ma anche da esponenti "storici" del MSI come De Marzio, Cerullo e Anderson che con un programma moderato intendevano tentare un aggancio con il centro democristiano. Alle elezioni politiche del 1979 Democrazia Nazionale non ottenne alcun seggio e sparì dalla scena politica. Nel 1978, in previsione delle elezioni europee del 1979, fondò l'Eurodestra.
Nella seconda metà degli anni settanta, in piena emergenza terrorismo, si schierò per l'introduzione della pena di morte per i terroristi colpevoli di omicidio. Successivamente avversò la legalizzazione dell'aborto.
Nel giugno del 1984 Almirante sorprese l'intero mondo politico italiano recandosi insieme a Pino Romualdi a rendere omaggio al feretro di Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista Italiano.
Il 26 gennaio 1986 parlando al Teatro Lirico di Milano, Almirante definisce le formazioni partigiane «bande che ebbero come emblema il ladrocinio e l’assassinio».
Le sue condizioni di salute lo obbligarono nel 1987 ad abbandonare la segreteria del partito, a favore del suo delfino Gianfranco Fini, già segretario del Fronte della Gioventù.
Il 24 gennaio 1988 fu eletto presidente del partito dalla maggioranza del comitato centrale. Morì a Roma alle 10.10 della domenica 22 maggio dello stesso anno per emorragia cerebrale, dopo anche un intervento eseguito a Parigi successivamente al quale le sue condizioni peggiorarono notevolmente. La sua morte cadde il giorno successivo a quella di Pino Romualdi.
Per i due leader missini si svolsero esequie comuni a Roma, a Sant'Agnese in Agone, con la partecipazione di migliaia di persone, tra le quali persino degli esponenti del Partito Comunista Italiano. Il giorno prima, Nilde Jotti, all'epoca presidente della Camera, e Giancarlo Pajetta si erano recati presso la camera ardente per rendere un ultimo omaggio ai due scomparsi. Venne sepolto nel Cimitero del Verano in un sepolcro donato dal Comune di Roma.


CAMERATA ALMIRANTE... PRESENTE!

martedì 22 giugno 2010

Marco Perissa (Giovane Italia) : Tema Foibe rende giustizia ai martiri italiani!



“Vedere tra le tracce dell’esame di maturità, il tema delle foibe ci riempe di orgoglio. La scelta, realizzata dalla commissione del Ministero dell’istruzione è una vittoria storica! Per anni le foibe sono state volontariamente messe da parte, non riportate sui libri di storia in nome di una cieca visione ideologica.” Dichiara Marco Perissa, segretario del consiglio nazionale della Giovane Italia “La scuola ha finalmente compiuto i primi passi in avanti verso la memoria condivisa e proprio a ridosso dei festeggiamenti per i 150 anni dall’Unità d’Italia. Questa traccia da finalmente la possibilità ai nostri ragazzi di riflettere su una delle più grandi tragedie della storia italiana, rendendo finalmente giustizia ai martiri delle foibe e alle loro famiglie, e permettendo cosi che il loro sacrificio non vada perduto invano. ”




sabato 19 giugno 2010

Appello del dirigente provinciale del Pdl Umberto Caputo.



Gli ultimi giorni ci hanno definitivamente dimostrato la solitudine politica che il territorio di Crotone, ormai, attraversa da anni. La proposta di abolire la provincia è stata l’ennesimo scippo tentato nei confronti di un territorio che paga le scelte scellerate di governi nazionali e regionali, che rivolgono le loro attenzioni a territori numericamente più importanti. Ci saremmo aspettati da parte dei nostri Deputati ed Onorevoli regionali tutti, una presa di posizione netta a difesa non di una provincia ma della nostra regione, è stato invece uno spettacolo desolante assistere al rumoroso silenzio dalla quasi totalità dei rappresentanti nazionali e regionali. Non si può che prendere atto che la rappresentanza crotonese alla Regione ha dimostrato, invece, una compattezza che è andata al di là dei colori politici. Importante è stato senza dubbio l’intervento del Presidente Scopelliti che ha capito il grave scippo che si stava perpetrando ai danni dei calabresi. L’azione forte messa in campo dal Presidente Zurlo ha poi consentito di dare una svolta decisiva alla vicenda, ha coinvolto tutti i sindaci del territorio in una protesta formale che ha visto consegnare le proprie fasce al Prefetto di Crotone, un segno inequivocabile di protesta. La vicenda sicuramente non finirà qui, già assistiamo ad altre proposte bizzarre, abolire le province sotto i 400 mila abitanti, da parte di personaggi alla disperata ricerca di visibilità. La verità è che nessun governo mette le mani dove ci sono i veri sprechi, le famose Regioni e Province a statuto speciale non hanno più nessun motivo di esistere, le ragioni storiche che hanno portato a questa scelta non esistono più. I compensi di consiglieri regionali,sindaci e presidenti di province autonome sono tra i più alti d’Italia,. Il gettito fiscale è trattenuto per il 90% da queste regioni, addirittura la Sicilia il 100%. Perché ? L’Italia è una nazione unica, per tutti gli stessi diritti, doveri e vantaggi. Invece di inventare soluzioni fantasiose basterebbe semplicemente aprire gli occhi alla realtà. Qualcuno si è mai chiesto cosa accadrebbe a privare una realtà come Crotone del Comando provinciale dei Carabinieri, Guardia di finanza,Questura,Prefettura? Credo di no. Le vicende di questi ultimi giorni quindi ci devono anche far riflettere sul ruolo dei partiti e della politica in generale. Un grande partito come il PDL,numericamente parlando, non può lasciare l’iniziativa a singoli Deputati ed ignorare le legittime richieste e critiche che vengono dal territorio. Non si può pensare di continuare un percorso politico in una grande forza che fa contare i propri tesserati a secondo la grandezza del territorio. L’Italia si avvia verso il federalismo, sarebbe opportuno copiare questa forma di governo per l’organizzazione del partito, quindi avere un partito nazionale ed uno locale che sono indipendenti ed ognuno agisce per le proprie competenze. Si eviterebbero così tante spiacevoli situazioni che non fanno altro che acuire divisioni all’interno del partito, che molto spesso si trasformano in correntismo esasperato. Ad oggi il PDL ha dimostrato di non poter essere un movimento popolare e territoriale. Crotone insieme ad altri numerosi comuni della provincia si avvia verso il rinnovo dei consigli comunali, serve uscire dall’isolamento sociale e politico nel quale ci hanno trascinato, occorre un alleanza, politicamente omogenea che possa andare oltre i partiti nazionali.


Umberto Caputo
dirigente provinciale
PDL

venerdì 18 giugno 2010

GIOVANE ITALIA: SALVARE POMIGLIANO E’ INTERESSE NAZIONALE.


Salviamo Pomigliano ! E’ questo lo slogan della campagna lanciata dalla Giovane Italia, movimento giovanile del Popolo della Libertà, in merito alla crisi delle trattative sul futuro dello stabilimento di produzione Giovanbattista Vico di Pomigliano D’Arco (Na), in atto in questi giorni tra sindacati e Fiat.

“Condanniamo con forza la politica dei veti incrociati dei sindacati che sta rendendo seriamente concreto il rischio di trasferimento della produzione all’estero, con conseguente perdita per la popolazione locale di posti di lavoro e ricchezza. Siamo per un maggior senso di responsabilità sociale della Fiat che veda al contempo una fattiva ed operosa partecipazione dei lavoratori”. E’ quanto dichiara in una nota Marco Perissa, segretario della direzione nazionale della Giovane Italia.
“Noi crediamo che alcune sigle sindacali, arroccandosi su posizioni ormai incomprensibili alla maggioranza delle parti in causa, non stiano rendendo un buon servizio ai propri iscritti”. Così Ulderico de Laurentiis, componente napoletano della direzione nazionale di G.I. .Salvare Pomigliano è una priorità nazionale - continua - i diritti dei lavoratori sono sacrosanti, ma non crediamo che l’assenteismo rientri tra questi.
Pasquale Fiorillo, dirigente provinciale della giovane Italia di Napoli, lancia l’allarme: “La chiusura dello stabilimento di Pomigliano d’Arco metterebbe a dura prova la tenuta economico sociale dell’intero agro nolano, da Acerra a Nola, da Pomigliano a Marigliano e anche oltre, pertanto bisogna scongiurarla con azioni civili e grande senso di responsabilità da parte di tutti”.

giovedì 17 giugno 2010

Bloody sunday, Cameron: "Abbiamo ucciso 14 innocenti"



"Sono patriottico e non voglio mai credere a niente di cattivo sul nostro Paese, ma le conclusioni di questo rapporto sono prive di equivoci: ciò che è successo il giorno di Bloody Sunday è stato ingiusto e ingiustificabile. È stato sbagliato", ha detto il primo ministro David Cameron, presentando le conclusioni del rapporto di Lord Saville of Newdigate sulla strage di Bloody Sunday. Nel "Bloody Sunday" 13 persone che partecipavano ad una manifestazione cattolica il 20 gennaio del 1972 furono uccisi dai militari britannici. Il primo ministro ha chiesto scusa per gli errori commessi all’epoca dai militari e, soprattutto, dal governo di Londra.

"I soldati spararono per primi" Furono i soldati ad aprire il fuoco per primi con "un comportamento ingiustificato e ingiustificabile", ha detto il primo ministro. Cameron si è detto "profondamente dispiaciuto" per il ruolo avuto dal Primo reggimento dei paracadutisti. Il rapporto di 5mila pagine, redatto da un team guidato dal giudice Lord Saville di Newdigate, è stato presentato dopo 12 anni di inchiesta e 195 milioni di sterline di spesa.
I militari inviati nell’Ulster da Londra aprirono il fuoco per primi, senza alcuna forma di avvertimento, quel giorno, ha stabilito l’inchiesta. Nessuna esplosione, nessun sasso, nessuna bottiglia molotov a giustificare il fuoco. Molti di coloro che furono colpiti stavano semplicemente fuggendo alla carica, o cercando di aiutare altri feriti. Nessuna delle vittime poneva un problema alla sicurezza dei militari. È questa la verità contenuta nei dieci volumi, cinquemila pagine, frutto di 12 anni di inchiesta in cui sono stati ascoltati 2.500 testimoni, con 922 deposizioni, costata 195 milioni di sterline. Migliaia di persone , fra cui il leader dello Sinn Fein, Gerry Adams, e il Nobel per la pace, John Hume, hanno sfilato a Londonderry e ascoltato le parole di Cameron trasmesse in diretta di fronte al Guildhall, dove alle famiglie delle vittime era stato presentato il rapporto.

fonte:
il Giornale.it
 
L'ammissione di colpa del governo inglese
è arrivata dopo 38 anni...
ERA ORA!

«Qualcuno era di destra…»


(Trascrizione integrale dell’intervento pronunciato da Giorgia Meloni sabato 11/06/2010 alla convention “Più unito il PdL, più forte l’Italia”, Palazzo dei Congressi, Eur, Roma)



«E’ molto bello ritrovarci qui, oggi, soprattutto dopo il periodo che abbiamo attraversato. Questo convegno arriva dopo settimane di dibattito acceso, di confronto serrato, perfino di disorientamento in certi momenti. E ognuno è stato chiamato a operare delle scelte. Personalmente, resto convinta che chiunque abbia orientato la propria decisione nel senso della fedeltà alle proprie idee più che alle persone, per quanto care quelle persone possano essere, ha fatto la cosa giusta.


Ora però occorre guardare avanti. Dobbiamo lavorare per dare sempre maggiore forza al Pdl e per affermare l’identità della quale siamo portatori, una identità che viene da lontano e che è un valore aggiunto per questo partito. E lo dobbiamo fare anche continuando a cercare sintesi tra posizioni diverse, a considerare il dibattito interno una risorsa irrinunciabile, ovviamente purché sia finalizzato a rafforzare e non a indebolire il partito. Ci sono, ci devono essere, i margini per ricostruire, per lavorare a un Pdl più unito e per questo più forte, e ciascuno di noi deve farsi parte diligente in questo senso. Il dibattito sulle intercettazioni è un segnale importante in questo senso. Ha ragione Maurizio Gasparri a dire che, cito, “siamo orgogliosi delle modifiche che abbiamo apportato anche con la discussione con la società civile, con le realtà del mondo delle professioni e all’interno della maggioranza, in un grande partito che sa confrontarsi e applicare al suo interno il metodo della democrazia”. Ha ragione Maurizio, e lo ringrazio, anche perché personalmente considero le modifiche migliorative del testo.


E poi, dicevo, dare sempre maggiore forza e concretezza alla presenza delle nostre idee nel centrodestra. Ricordarci da dove veniamo, quali promesse abbiamo fatto. Può sembrare retorico, ma di fronte alle scelte difficili a me capita spesso di provare a guardarmi con gli occhi di quando ho cominciato a fare politica. Mi chiedo come mi giudicherebbe una ragazzina di 15 anni che, sulla scorta della rabbia per la strage che ha ucciso Paolo Borsellino ha appena bussato alla porta di una sezione del Movimento Sociale Italiano alla Garbatella. Perché so che quella ragazzina è il miglior giudice sul quale possa regolare la mia iniziativa politica.


Naturalmente siamo tutti cresciuti, abbiamo fatto esperienza, imparato a conoscere i meccanismi, perfino le asprezze del gioco politico, ma io penso che non si debbano mai dimenticare le ragioni per le quali tutto è cominciato. Perché quelle ragioni sono la nostra identità profonda. Il motivo per il quale abbiamo scelto di rimboccarci le maniche, di metterci la faccia. Di stare da una certa parte del campo di gioco, e cioè a destra.


Lo so che è un tema insidioso, quello della destra. Perché ha occupato molte delle argomentazioni usate a supporto delle diverse tesi in campo, ma per quanto mi riguarda, è il tema. Se ci ricordiamo perché abbiamo scelto di essere di destra allora sapremo sempre qual è il nostro ruolo e che cosa dobbiamo fare per onorare la nostra storia.


E allora, parafrasando Giorgio Gaber, verrebbe da dire:
Qualcuno era di destra perché voleva essere parte di un movimento popolare e interclassista, fatto di avvocati e contadini, di militari e artigiani, e non di congreghe di intellettuali, illuminati ma incapaci di leggere il quotidiano, con le sue miserie e le sue grandezze. E la grande sfida, anche nell’era della crisi economica, è ancora questa.
Qualcuno era di destra perché pensava che la sicurezza non fosse un capriccio piccolo borghese, ma un diritto di tutti e dei più deboli in particolare, e qualcuno era di destra perché si commuoveva di fronte a quei ragazzi in divisa che con il loro impegno coraggioso garantiscono ogni giorno, lontano da casa, libertà e sicurezza a popoli oppressi. E’ questa la nostra solidarietà, contro quella ipocrita di chi farebbe entrare in Italia tutti gli immigrati fregandosene di che vita li aspetta sul nostro territorio nazionale. L’abbiamo vista a Rosarno la solidarietà della sinistra. L’abbiamo vista bene.
Qualcuno era di destra perché credeva nella sacralità della vita. Non necessariamente un concetto religioso, o cattolico, ma il riconoscimento di qualcosa di cui noi non disponiamo a nostro piacimento. Qualcosa di più alto di un desiderio, di più grande di un diritto, di più naturale di un laboratorio. E per essere fedeli a questo principio noi continueremo a costruire una società nella quale non venga più considerato normale sperimentare su una vita umana per verificare la possibilità di curarne un’altra (solo perché la prima non può votare e la seconda si), oppure drogarsi per essere accettati, o piuttosto abortire nel modo più veloce possibile, magari da sole dentro casa grazie a non si sa bene quale pasticca miracolosa. E battersi contro queste menzogne non è oscurantismo, ma civiltà.
Qualcuno era di destra perché osava ribellarsi alla violenza culturale e talvolta fisica della sinistra italiana nelle fabbriche, nelle scuole, nelle università. E oggi, in quelle stesse università, qualcuno è di destra perché vuole battersi contro lo strapotere dei baroni, garantendo regole utili all’affermazione del merito, per dare una possibilità in più di farcela a qualche giovane ricercatore senza santi in paradiso e una in meno di imbrogliare a qualche figlio, nipote o genero del potente di turno.
Qualcuno era di destra perché si ribellava a chi considerava normale, quando non giusto, ammazzare ragazzini di sedici anni a colpi di mitraglietta nel nome dell’antifascismo. Un presunto antifascismo reso sacro e intoccabile ancora trenta anni dopo la caduta del fascismo, solo per coprire la fuga di qualche terrorista all’estero o le colpe di un sistema politico corrotto. Per questo non smetteremo di chiedere giustizia per tutti i ragazzi vittime della violenza politica, e di lavorare perché le loro storie siano patrimonio condiviso del nostro popolo. E soprattutto per questo ci batteremo fino a quando assassini ripuliti del calibro di Achille Lollo e Cesare Battisti non salderanno il loro conto con l’Italia.
Qualcuno era di destra perché si emozionava a sventolare una bandiera tricolore quando farlo era considerato un gesto reazionario. Abbiamo lavorato tanto per restituire agli italiani l’orgoglio di essere tali, e non dobbiamo mollare adesso.


Per questo vorrei che rispondessimo con fermezza alle provocazioni di chi abolirebbe la festa della Repubblica perché è troppo costosa o dice di preferire che le olimpiadi si tengano in India piuttosto che nella capitale d’Italia mentre Roma si fa in quattro per rendere credibile la propria candidatura. Perché chi è eletto dal popolo italiano ha il dovere di rispettare l’Italia.


Ma qualcuno era di destra anche perché, soprattutto perché, non sopportava la corruzione dei politici. Dovunque si annidasse. Perché rubare significa tradire la politica, la propria comunità. E’ tradire la patria e con essa tutti coloro che per lei hanno sacrificato qualcosa. E allora nessuna indulgenza con chi dovesse approfittare della militanza appassionata di tanti ragazzi, dell’empatia di Silvio Berlusconi con il popolo italiano, del suo consenso o del lavoro di ciascuno di noi per arricchire il proprio conto in banca a spese dell’Italia. Perché questa gente non c’entra niente con noi, rappresenta quello che abbiamo combattuto e che combatteremo sempre.


Per questo ribadisco la mia proposta di inserire nello statuto del Popolo della Libertà una norma che impedisca a chiunque sia stato condannato in via definitiva per reati di corruzione connessi all’esercizio del proprio mandato politico, di essere candidato in qualunque assise vita natural durante.


Ma la politica è solo una parte del problema, e neanche quella più significativa. Per questo credo che il ddl anticorruzione che arriva in Parlamento nelle prossime settimane rappresenti una grande occasione per colpire con forza anche la corruzione che si annida nella burocrazia, nelle procedure poco chiare, o nei piccoli potentati pubblici.


Qualcuno era di destra perché odiava la mafia e io voglio dire che sono fiera, estremamente fiera, di far parte del governo che nella storia della repubblica ha ottenuto i più grandi risultati nella lotta alla criminalità organizzata. Sono fiera di vedere le immagini di quei “sorci” tirati fuori dalle loro tane e consegnati alle patrie galere.


Il segnale che mi piacerebbe uscisse da questa assemblea è che il Pdl non ha solo un grande presente, ma un grandioso futuro. E di questa speranza proprio i suoi giovani possono essere custodi e sentinelle. Ci sono due storie che possono raccontarlo meglio di me e di tanti altri che, un po' ovunque, fanno i baluardi dell’antimafia attraverso i comunicati stampa.


Sono due giovani uomini del sud. Il primo si chiama Fabio Chiosi, ha 34 anni ed è il presidente del primo municipio di Napoli, zona Posillipo. Qualche giorno fa ha ricevuto questa lettera: “Con le tue denunce stai facendo incazzare un sacco di gente importante, gente che conta. Guai a te se continui a parlare con i carabinieri, ti facciamo passare un guaio. Sappiamo dove abiti e che strada fai. Sappiamo dove abitano tuo padre, tua madre, tua sorella con il bimbo piccolo”.
Fabio Chiosi con le sue denunce sta rivoltando il sistema marcio dei falsi invalidi, delle finte pensioni, e lo fa senza paura, senza le telecamere di Annozero, gli inviti da Fazio e la solidarietà dell’intellighenzia nostrana. E’ uno di noi.

Antonino Iannazzo, di anni ne ha 35, e fa il sindaco in Sicilia, a Corleone. Sulla home page del sito del comune ha pubblicato la foto dell’arresto di Bernardo Provenzano. Con una lettera, nella quale dice ai visitatori del sito che ha voluto quella foto tra le bellezze della città perché racconta di una Corleone diversa, libera dal peso della mafia, e perché – dice – sarebbe sciocco non guardare a viso aperto una parte della propria storia, “che è stata, che non è, e che non dovrà più essere”. E’ più coraggioso guardarla in faccia per schierarsi dalla parte giusta. E’ uno di noi.

In comune questi due giovani uomini hanno lo stesso partito, il Pdl, la stessa militanza giovanile, ma anche lo stesso coraggio. In comune hanno la fede in un’avventura politica che vuole difendere l’interesse del popolo italiano e riscattare una generazione alle prese con il periodo storico più difficile dal dopoguerra.


Ci sono tante ragazze e tanti ragazzi straordinari nel Popolo della Libertà, e noi dobbiamo saperli valorizzare. La nascita della Giovane Italia, organizzazione giovanile del Pdl, risponde a questa ambizione. E lo fa in un’epoca vigliacca sulla quale è bene chiarirsi. Io non voglio restare a guardare i giovani italiani consumarsi giorno dopo giorno in una vita di precarietà e paura. Non ci sto.

Abbiamo tutti la nostra parte di colpa in questo senso. Certo, maggiormente quelli che negli anni belli hanno consentito a persone di 40anni di andare in pensione distruggendo il sistema pensionistico per gli anni venire, o quelli che hanno speso anche i soldi nostri lasciandoci un bilancio devastato, o quelli che hanno deturpato il territorio con le speculazioni edilizie o quelli che sognavano la gioventù al potere ma solo fino a quando erano giovani loro. Ma una certa parte di colpa ce l’hanno pure quelli che, a destra come a sinistra, hanno inneggiato alla flessibilità come panacea di tutti i mali, capace di assicurare occupazione e salari talmente alti da giustificare il piccolo fastidio del passaggio da un lavoro all’altro.


La verità è che quel sogno è diventato un incubo. Lavoratori precari privi di qualunque tutela o potere contrattuale nei confronti del proprio datore di lavoro hanno trascinato al ribasso gli stipendi. Stipendi da fame che però non hanno impedito che si registrasse in Italia il più alto tasso di disoccupazione giovanile d’Europa. Dove per giovanile si intende gente che oggi ha 35 anni e domani ne avrà 45. Giovani spesso alla mercé di stage o praticantati retribuiti con pochi spiccioli e un bel calcio nel sedere al termine del periodo. Pronti per essere rimpiazzati da nuovi sbandati da sfruttare. Senza contare la questione previdenziale, dove al fatto che un giovane italiano non andrà in pensione nemmeno a 70 anni, altro che 40, si aggiungerà la beffa di un sistema contributivo destinato a restituirgli una pensione ridicola, che non gli restituisce neanche tutto quello che ha versato.

Il governo ha fatto tanto fin qui, ma serviranno riforme strutturali, e la Giovane Italia dovrà farsi carico di questa sfida. E se ci saranno piatti da rompere dentro casa nostra, si romperanno.


La Giovane Italia nei mesi che verranno dovrà nascere di nuovo. Non più la mera fusione di organigrammi, ma un movimento tellurico in grado di scuotere le fondamenta di un sistema ingiusto. Una presenza radicata, fisica e ideale, che dovrà ritagliarsi i propri spazi nel dibattito politico nazionale più che i posti nelle liste bloccate. Ma ho anche bisogno di sapere se a questa classe dirigente, a questa comunità, interessa ancora avere un movimento giovanile credibile, autorevole e in grado di autodeterminarsi. Perché costruirlo è una sfida che richiede compattezza, che possiamo vincere solo se la consideriamo parte fondante di quello che siamo.

Allora si saremo all’altezza di quei giovani che 150 anni fa si sono sacrificati rincorrendo il sogno di un’Italia unita, di una Patria che è la nostra Patria. Quella gioventù ribelle che fece l’Italia consegna oggi il suo testimone a una nuova generazione che dovrà fare gli italiani. Con la stessa rabbia, con la stessa energia visionaria, con la stessa determinazione che faceva dire a un preoccupato ufficiale borbonico nel suo rapporto a Francesco II: “Si è rivelata una tendenza nella gioventù ad una idea strana e mostruosa. Questa idea abbracciata dai più avventati si è quella dell’unificazione d’Italia”.


E’ questa idea “strana e mostruosa” di unità, dentro e fuori dal partito, a definire da che parte stiamo. Qualunque sia il nostro percorso politico, il territorio di provenienza, o l’incarico che ricopriamo. Unità intorno non a una persona, ma a un’idea. Un’idea che personalmente definisco di destra, ma che potrebbe chiamarsi in tanti altri modi in questo nuovo secolo, purché sia capace di contenere quel sistema di valori per cui ho iniziato la mia militanza politica.

Qualcuno era di destra per moda, qualcuno per principio, qualcuno per frustrazione. Qualcuno era di destra perché ci credeva, e ci crede ancora»

mercoledì 16 giugno 2010

FRANCESCO CECCHIN, 31 anni senza giustizia.



La sera del 28 maggio, intorno alle ore 20, quattro ragazzi del F.d.G. di Roma, tra cui Francesco Cecchin, si recano in piazza Vescovio per affiggere manifesti, ma vengono subito notati da un gruppo di militanti della sezione comunista di via Monterotondo, che danno inizio alla sistematica copertura di tali manifesti; un giovane cerca di impedire il proseguimento dell'azione provocatoria, ma viene circondato da una ventina di attivisti del PCI, capeggiati da Sante Moretti. che afferma: "...vi abbiamo fatto chiudere via Migiurtinia, vi faremo chiudere anche viale Somalia..." ; alla fine, volgendosi verso Francesco Cecchin, lo apostrofa così: "TU STAI ATTENTO, CHE SE POI MI INCAZZO TI POTRESTI FARE MALE!".

La stessa sera, intorno alla mezzanotte, Francesco Cecchin scende di casa insieme alla sorella per una passeggiata fino a via Montebuono, dove un suo amico lavora in un ristorante; verso le 24:15, mentre i due ragazzi sono fermi davanti all'edicola di piazza Vescovio, spunta una Fiat 850 bianca che compie una brusca frenata davanti a loro; dall'auto scende un uomo che urla all'indirizzo di Francesco: "... E' lui, è lui, prendetelo!". Intuendo il pericolo e, probabilmente, riconoscendo l'aggressore, Francesco fa allontanare la sorella e corre in direzione di via Montebuono, inseguito dagli occupanti della macchina, che nel frattempo il suo guidatore sposta fino all'imboccatura della stessa via Montebuono. Le grida della sorella vengono udite da un giovane che, sceso in strada, nota un uomo darsi alla fuga verso via Monterotondo e qui salire sulla Fiat 850 bianca che si allontana velocemente. Dopo aver telefonato alla Polizia, il giovane viene raggiunto da un inquilino dello stabile di via Montebuono 5 che lo informa della presenza, sul suo terrazzo sottostante di cinque metri il piano stradale, di un ragazzo che giace esanime al suolo; il giovane, giunto sul posto, riconosce in quel ragazzo il suo amico Francesco Cecchin. Il corpo è in posizione supina ad una distanza di circa un metro e mezzo dalla base del muro; perde sangue da una tempia e dal naso e stringe ancora nella mano sinistra un mazzo di chiavi, e in quella destra un pacchetto di sigarette. Francesco Cecchin muore il 16 giugno 1979 dopo diciannove giorni di coma. Le indagini della magistratura non individuarono alcun colpevole di questa morte. Il processo assolse gli imputati precisando che le loro responsabilità non potevano essere accertate a causa di una serie di negligenze nelle indagini ed ipotizzando, senza peraltro darne poi seguito, eventuali responsabilità degli inquirenti.

...E Francesco che è volato sull'asfalto di un cortile con le chiavi strette in mano, strano modo di morire!!!...
(Frase tratta dal brano mucicale GENERAZIONE '78 di Francesco Mancinelli)


FRANCESCO CECCHIN: PRESENTE!




venerdì 11 giugno 2010

IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA ZURLO " E' IL TRIONFO DEL BUON SENSO ".



Il buon senso ha trionfato. Sin dall’inizio di questa vicenda ho sempre sperato ed auspicato che la logica trionfasse. Territori come il nostro, che registrano gravi difficoltà dal punto di vista socio-economico, non avrebbero sopportato il peso di una ulteriore decurtazione di presidi istituzionali come la provincia. Esprimo un ringraziamento al presidente della Regione Scopelliti per l’intervento decisivo a favore delle Province di Crotone e Vibo Valentia e quindi della Calabria. Un ringraziamento ed un apprezzamento a tutte le forze politiche, ai rappresentanti sindacali, ai giornalisti, alle associazioni, ai singoli cittadini che in queste settimane hanno ben compreso il rischio che si correva con l’abolizione della provincia. Sono fiducioso che questo nuovo clima di unità sulle cose importanti, manifestato a destra come a sinistra, possa essere foriero di nuove ed ulteriori battaglie che il territorio del crotonese dovrà affrontare per uscire da una spirale di crisi economica che sta mettendo seriamente a repentaglio il patto di coesione sociale che deve albergare fra tutti i cittadini.

giovedì 10 giugno 2010

Pagine di Storia ...


10 GIUGNO 1940
L'ITALIA ENTRA IN GUERRA



Il 10 giugno del 1940 l'Italia dichiarò guerra alla Francia e all'Inghilterra schierandosi al fianco dell'alleato germanico in guerra già dal settembre 1939.

Abbandonando la politica della non-belligeranza e tenendo fede al patto d'acciaio firmato con la Germania di Hitler, l'Italia fascista scendeva in guerra dopo che le Armate tedesche avevano già conquistato mezza Europa. Ancora oggi molti storici italiani e stranieri interpretano l'episodio come un espediente di Mussolini studiato per ottenere molto dando poco: con pochi morti l'Italia poteva sedersi da grande al tavolo della pace.
Ma spesso si dimentica di analizzare la storia calandosi nella sua realtà temporale; in un'Europa che si stava infiammando bisognava schierarsi, con o contro Hitler. Le analogie di pensiero ed ideologia che univano l'Italia di Mussolini e la Germania hitleriana erano indiscutibili. L'Italia scese in guerra al fianco della Germania per coerenza politica ed ideologica, perché la drammatica situazione storica imponeva delle scelte.

"Noi non scegliemmo la strada più facile, ma quella più naturale, quella della lotta contro le false democrazie occidentali, che negli anni precedenti avevano ostacolato con tutti i mezzi l'espansione coloniale e nazionale italiana".



PRIMI FUOCHI

La prima azione di guerra italiana durante la seconda guerra mondiale ebbe come obiettivo Malta; l'11 giugno, 35 bombardieri della Seconda Squadra Aerea, scortati da 18 caccia CR.42, colpirono con le loro bombe La Valletta e l'aereoporto di Hal Far.

Dal bollettino di guerra numero 1 del 12 giugno:

"Unità da bombardamento della Regia Aereonautica scortate da formazioni di caccia hanno effettuato alle prime luci dell'alba di ieri ed al tramonto violenti bombardamenti sugli impianti militari di Malta con evidenti risultati rientrando incolumi quindi alle rispettive basi"

Gli attacchi contro l'isola continuarono anche nelle settimane successive.

Per mare la prima azione avvenne il 12 giugno, a sud di Creta e vide l'affondamento dell'incrociatore britannico Calypso da parte del sommergibile Bagnolini al comando del C.C. Franco Tosoni Pittoni.
Dopo le operazioni aeree e navali, iniziarono anche quelle terrestri: con le Panzer Divisionen Tedesche a pochi chilometri da Parigi, lo Stato Maggiore italiano decise di attaccare la Francia sul fronte delle Alpi occidentali per coadiuvare l'azione di annientamento dell'alleato germanico.
Tuttavia nei giorni immediatamente successivi alla dichiarazione di guerra il fronte alpino era tranquillo, dal momento che lo stesso capo di Stato Maggiore Badoglio, il maggiore artefice delle nostre sfortune militari della Prima e della Seconda guerra mondiale, non desiderava attaccare i suoi "amici" francesi.
Tra l'11 ed il 14 giugno si verificarono solo alcuni scontri tra reparti francesi ed alpini italiani (Battaglione Intra), che fecero registrare i primi caduti.
Il 12 giugno un reparto francese della Val d'Isere attaccò di sorpresa un reparto di alpini italiani nella zona del passo della Galisia, nell'alta valle dell'Orco. Gli alpini riuscirono a respingere prontamente i francesi, che si ritirarono nel rifugio Priarond. Fatto subito segno dai colpi dei nostri mortai da 81 i francesi dovettero ritirarsi anche dal rifugio abbandonando definitivamente qualsiasi velleità offensiva.
Nelle prime ore del mattino dello stesso 12 giugno si registrò invece il primo bombardamento aereo alleato sul suolo nazionale: alcuni bombardieri inglesi Withley giunsero su Genova e su Torino per colpire gli impianti industriali della Fiat e dell'Ansaldo. Fortunatamente l'attacco fu un vero fallimento; la maggior parte delle bombe sganciate dai bombardieri inglesi caddero a Torino in aperta campagna ed a Genova in mare.
L'aviazione italiana rispose subito nella notte tra il 12 ed il 13 bombardando varie località della Francia meridionale e la base della marina francese a Tolone.
La marina francese per ritorsione attaccò, nella notte del 14 giugno, la costa ligure tra La Spezia e Genova, colpendo i depositi di carburante di Vado e la zona portuale di Genova. Le nostre batterie costiere risposero al fuoco, riuscendo a colpire il cacciatorpediniere francese Albatros e a danneggiare le altre unità navali nemiche.
Questo attacco della marina francese convinse gli alti comandi Italiani ad attuare nel più breve tempo possibile operazioni offensive oltre il confine francese, alfine di piegare definitivamente la forza militare della Francia.
Il 16 giugno venne emanato un ordine per la preparazione dell'attacco sul fronte occidentale per il giorno 18.
Badoglio segnalò subito a Mussolini l'impossibilità di preparare un'azione offensiva in sole 48 ore.
Mussolini gli rispose prontamente:

"La decisione di attaccare la Francia è una questione politica e della quale io solo ho la decisione e la responsabilità."

A fermare l'imminente offensiva sul fronte alpino, arrivò la richiesta francese di armistizio alla Germania, il 17 giugno. Hitler e Mussolini decisero così di incontrarsi il giorno dopo, a Monaco, per decidere una linea di condotta comune nei confronti della Francia.
A Monaco molte delle rivendicazioni italiane (la Corsica, la Tunisia, Gibuti) ai danni della Francia non vennero accettate da Hitler, il quale temeva che clausole troppo dure avrebbero potuto compromettere tutte le trattative. Hitler non desiderava infierire sui francesi, perché sperava in cuor suo di volgerli alla causa nazionalsocialista, e trasformare la Francia in un nuovo stato satellite della Germania.
Venne deciso inoltre di svolgere le trattative dell'armistizio separatamente: ci sarebbe stato dunque un armistizio franco-tedesco ed uno franco-italiano.
Deluso per l'incontro con Hitler, Mussolini decise dal ritorno da Monaco, che l'unico modo per poter avanzare richieste territoriali ai francesi, era quello di usare la forza. Il giorno 19 venne dato cosi al Gruppo di Armate Ovest l'ordine di attaccare lungo tutto il confine francese a partire dall'alba del 21 giugno ...

Qui di seguito il discorso integrale della dichiarazione di Guerra:

Combattenti di terra, di mare e dell'aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d'Italia, dell'Impero e del regno d'Albania! Ascoltate!Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. (Acclamazioni vivissime). L'ora delle decisioni irrevocabili. La dichiarazione di guerra è già stata consegnata (acclamazioni, grida altissime di "Guerra! Guerra! ") agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia. Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell'Occidente, che, in ogni tempo, hanno ostacolato la marcia, e spesso insidiato l'esistenza medesima del popolo italiano .
Alcuni lustri della storia più recente si possono riassumere in queste frasi: promesse, minacce, ricatti e, alla fine, quale coronamento dell'edificio, l'ignobile assedio societario di cinquantadue stati.La nostra coscienza è assolutamente tranquilla. (Applausi). Con voi il mondo intero è testimone che l'Italia del Littorio ha fatto quanto era umanamente possibile per evitare la tormenta che sconvolge l'Europa; ma tutto fu vano.
Bastava rivedere i trattati per adeguarli alle mutevoli esigenze della vita delle nazioni e non considerarli intangibili per l'eternità; bastava non iniziare la stolta politica delle garanzie, che si è palesata soprattutto micidiale per coloro che la hanno accettate; bastava non respingere la proposta che il fuhrer fece il 6 ottobre dell'anno scorso, dopo finita la campagna di Polonia.Oramai tutto ciò appartiene al passato. Se noi oggi siamo decisi ad affrontare i rischi ed i sacrifici di una guerra, gi è che l'onore, gli interessi, l'avvenire ferramente lo impongono, poiché un grande popolo è veramente tale se considera sacri i suoi impegni e se non evade dalle prove supreme che determinano il corso della storia.
Noi impugniamo le armi per risolvere, dopo il problema risolto delle nostre frontiere continentali, il problema delle nostre frontiere marittime; noi vogliamo spezzare le catene di ordine territoriale e militare che ci soffocano nel nostro mare, poiché un popolo di quarantacinque milioni di anime non è veramente libero se non ha libero l'accesso all'Oceano.Questa lotta gigantesca non è che una fase dello sviluppo logico della nostra rivoluzione; è la lotta dei popoli poveri e numerosi di braccia contro gli affamatori che detengono ferocemente il monopolio di tutele ricchezze e di tutto l'oro della terra; è la lotta dei popoli fecondi e giovani contro i popoli isteriliti e volgenti al tramonto, è la lotta tra due secoli e due idee.Ora che i dadi sono gettati e la nostra volontà ha bruciato alle nostre spalle i vascelli, io dichiaro solennemente che l'Italia non intende trascinare altri popoli nel conflitto con essa confinanti per mare o per terra. Svizzera, Jugoslavia, Grecia, Turchia, Egitto prendano atto di queste mie parole e dipende da loro, soltanto da loro, se esse saranno o no rigorosamente confermate.
Italiani!
In una memorabile adunata, quella di Berlino, io dissi che, secondo le leggi della morale fascista, quando si ha un amico si marcia con lui sino in fondo. (" Duce! Duce! Duce!"). Questo abbiamo fatto e faremo con la Germania, col suo popolo, con le sue meravigliose Forze armate.In questa vigilia di un evento di una portata secolare, rivolgiamo il nostro pensiero alla Maestà del re imperatore (la moltitudine prorompe in grandi acclamazioni all'indirizzo di Casa Savoia), che, come sempre, ha interpretato l'anima della patria. E salutiamo alla voce il Fuhrer, il capo della grande Germania alleata. (Il popolo acclama lungamente all'indirizzo di Hitler). L'Italia, proletaria e fascista, è per la terza volta in piedi, forte, fiera e compatta come non mai. (La moltitudine grida con una sola voce: "Sì! "). La parola d'ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti. Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all'Oceano Indiano: Vincere! (Il popolo prorompe in altissime acclamazioni). E vinceremo, per dare finalmente un lungo periodo di pace con la giustizia all'Italia, all'Europa, al mondo.
Popolo italiano!
Corri alle armi, e dimostra la tua tenacia, il tuo coraggio, il tuo valore!

mercoledì 9 giugno 2010

GIOVANE ITALIA A SOSTEGNO DELLA PROVINCIA DI CROTONE.



La Giovane Italia Crotone dichiara il suo totale sostegno nei confronti della Provincia, che a causa del nuovo progetto di legge del Governo rischia di essere soppressa.

Siamo convinti che in un territorio già afflitto da tante problematiche sociali, e che mai come oggi, vive una crisi che sembra irreversibile tra assenza di lavoro, criminalità organizzata e povertà, lo scippo della provincia sia l’ennesima farsa che rischia di tramutarsi in dramma per tutti i Crotonesi. La Giovane Italia scenderà in piazza per una raccolta di firme per dimostrare al Governo italiano che qui esiste un’intera popolazione in dissenso con le scelte che si stanno attuando nei palazzi romani.
In un momento cosi difficile il monito che vogliamo portare avanti è quello di essere tutti uniti, al di là di schieramenti politici, partitici ed ideali, in difesa di un diritto: quello del nostro futuro!

Giovane Italia
CROTONE

martedì 8 giugno 2010

FORTE PREOCCUPAZIONE PER ABOLIZIONE PROVINCE.



Forte presa di posizione del Consiglio provinciale di Crotone, riunito nel pomeriggio di ieri in seduta straordinaria ed aperta circa la discussione avviata a livello nazionale per l’abolizione delle province con meno di 200 mila abitanti. Ai lavori hanno partecipato numerosi sindaci del territorio, i consiglieri regionali Alfonso Dattolo e Francesco Sulla, l'assessore regionale Francesco Pugliano, il vice sindaco di San Giovanni in Fiore Salvatore Audia, rappresentanti istituzionali regionali, delle associazioni di categoria, la Camera di Commercio, i segretari provinciali di Cgil, Cisl e Uil. Da parte di tutti è emersa la volontà di difendere strenuamente la Provincia di Crotone in quanto presidio necessario per il territorio. "Ci stiamo attivando -ha dichiarato il presidente della Giunta Stanislao Zurlo - per spostare la discussione a Roma presso la Commissione Affari Costituzionali. Chiederemo alla Commissione della Camera dei Deputati di essere auditi. Abolire la Provincia di Crotone - aggiunge Zurlo - significa eliminare un presidio di democrazia del territorio e soprattutto mettere a serio rischio la tenuta sociale di un’area già fortemente penalizzata, come il crotonese. Voglio ancora augurarmi che il buonsenso e la logica possano albergare in chi è chiamato ad incidere sul futuro delle popolazioni interessate. Ritengo che ci siano ancora i margini per porre rimedio a decisioni che appaiono, anche ai comuni cittadini, cervellotiche ed inadeguate."

lunedì 7 giugno 2010

SOPPRESSIONE MINI PROVINCE, OGGI ALLE ORE 16.00 LA RIUNIONE STRAORDINARIA APERTA DEL CONSIGLIO PROVINCIALE DI CROTONE.



Su richiesta del presidente della Provincia, Stanislao Zurlo, il presidente del Consiglio provinciale di Crotone, Benedetto Proto, ha convocato l’assemblea per oggi 7 giugno alle ore 16.00 presso l’Auditorium dell’Istituto "S.Pertini". Si tratta di una riunione straordinaria, aperta e permanente. Ai lavori sono invitati a partecipare i sindaci, le rappresentanze politico-istituzionali del territorio, i rappresentanti regionali e nazionali. All’ordine del giorno figura il seguente punto: Soppressione delle province. Emendamento al disegno di legge delle autonomie in discussione alla Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati.

giovedì 3 giugno 2010

Iniziativa della “Giovane Italia” di Crotone.




Il circolo cittadino della Giovane Italia Crotone darà inizio a una serie di manifestazioni a partire da Sabato 5 giugno. I giovani militanti crotonesi allestiranno dei gazebo in piazza Municipio a Crotone sabato 5 e sul lungomare cittadino Domenica 6, presentando ai concittadini il progetto dal titolo Ieri la sapienza…oggi l’indecenza”. Il progetto è volto a sensibilizzare la popolazione pitagorica rispetto allo stato attuale di alcuni luoghi di Crotone che ad oggi sono abbandonati dall’amministrazione comunale ma che potrebbero divenire, se curati e rivalutati, volano per il turismo culturale della nostra antica città.

Giovane Italia Crotone
circolo cittadino