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domenica 27 giugno 2010

Pagine di Storia ...


Giorgio Almirante
(Salsomaggiore Terme, 27 giugno 1914 -
 Roma, 22 maggio 1988)


Fu il più importante esponente del Movimento Sociale Italiano, da lui fondato nel 1946 insieme ad altri reduci della Repubblica Sociale Italiana (come Pino Romualdi) ed ex esponenti del regime fascista (come Augusto De Marsanich).
Giorgio Almirante apparteneva a una famiglia di origine nobiliare molisana: gli Almirante erano stati dal 1691 i duchi di Cerza Piccola. Molti suoi parenti erano attori. Il padre, Mario Almirante, fu attore e direttore di scena delle compagnia di Eleonora Duse e di quella di Ruggero Ruggeri, ed in seguito regista del cinema muto. Il nonno Nunzio Almirante era anch'egli attore, e fratelli del padre erano anche gli attori Ernesto, Giacomo, Luigi. Era parente anche di Italia Almirante Manzini, attrice del cinema muto. A causa proprio del lavoro paterno Giorgio Almirante visse i primi 10 anni di vita in giro per l'Italia. La sua famiglia si stabili infine prima a Torino e poi a Roma.
Parallelamente agli studi, compiuti a Torino presso il Liceo Classico Vincenzo Gioberti, iniziò la sua carriera come cronista presso il quotidiano fascista Il Tevere. Nel 1937 Almirante si laureò in lettere con una tesi sulla fortuna di Dante Alighieri nel Settecento italiano con l'italianista Vittorio Rossi. La collaborazione con Il Tevere proseguì fino a divenirne caporedattore e terminò nel 1943.
Il 3 settembre del 1943 venne firmato l'Armistizio di Cassibile reso noto l'8 settembre. Alla creazione della Repubblica Sociale Italiana Giorgio Almirante passò a Salò, arruolandosi nella Guardia Nazionale Repubblicana con il grado di capomanipolo. Successivamente, dopo aver ricoperto il ruolo di Capo di Gabinetto del Ministro della Cultura Popolare di Mussolini passò al ruolo di tenente della brigata nera dipendente sempre dal Minculpop. In questa veste, al pari delle altre camicie nere, si impegnò nella lotta ai partigiani in particolare in Val d'Ossola e nel grossetano.
Dal 25 aprile 1945 fino al settembre 1946 rimase in clandestinità. Nell'autunno del 1946 partecipò alla fondazione dei Fasci di Azione Rivoluzionaria insieme a Pino Romualdi e Clemente Graziani. Il 26 dicembre 1946 Almirante partecipò a Roma alla riunione costitutiva del Movimento Sociale Italiano (MSI). Diresse "Rivolta Ideale" settimanale di propaganda. Nel nuovo partito assunse subito la carica di Segretario, che mantenne fino al gennaio 1950.
Fu eletto in Parlamento fin dalla prima legislatura (1948) e sempre rieletto alla Camera dei deputati.
Dopo la morte del segretario Arturo Michelini, tornò dal 29 giugno 1969 fino al dicembre 1987 al vertice del partito.
Il 10 dicembre 1969 Almirante in una intervista al giornale tedesco Der Spiegel dichiarò che, a suo avviso, la battaglia contro il comunismo avrebbe giustificato ogni mezzo e che era venuto il momento di non fare più distinzioni fra mezzi politici e militari.
Analogamente il 6 maggio 1970 a Genova, al comizio che segue i funerali di Ugo Venturini, Almirante afferma:
« Se altri popoli si sono salvati con la forza, anche il popolo italiano deve saper esprimere qualcuno che sia disposto all’uso della forza, per battere la minaccia comunista. »
Durante la sua lunghissima permanenza alla segreteria del MSI Almirante riscontrò problemi gestionali soprattutto dopo la fusione con i monarchici nel 1971, militavano personalità diversissime per provenienza politica e per caratteristiche caratteriali.
Fu l'artefice di quella che fu definita la "politica del doppiopetto", in bilico tra le rivendicazioni dell'eredità fascista e l'apertura al sistema.
Almirante ad un incontro pubblico, in compagnia di un giovane Gianfranco Fini alla sinistra, a destra Maurizio Gasparri e seduto Almerigo GrilzSi distinse in diverse battaglie per la difesa dell'italianità sul territorio nazionale, pronunciando discorsi-fiume (anche di nove ore) a favore del ritorno all'Italia di Trieste, la cui "questione" non era ancora stata risolta, e poi contro la modifica dello statuto speciale del Trentino-Alto Adige, con la quale veniva attuata la tutela della comunità di lingua tedesca ma che a suo vedere era troppo sbilanciata a sfavore della comunità italiana, e contro l'istituzione delle regioni nel 1970. Criticò anche la legge Scelba che vietava la ricostituzione del Partito Fascista.
Agli inizi degli anni sessanta si batté contro la nazionalizzazione dell'energia elettrica; agli inizi degli anni settanta, per disciplina di partito, contro l'introduzione del divorzio. La sua posizione di apertura era stata infatti messa in minoranza durante le discussioni alla direzione del MSI. Egli stesso si era avvalso delle possibilità offerte dalla legge Fortuna-Baslini per divorziare da Gabriella Magnatti e risposarsi con Assunta Stramandinoli, conosciuta quando era sposata con il marchese De Medici e rimasta poi vedova del primo marito.
Nel 1972, grazie anche alla fusione con il PDIUM il MSI ottenne il suo massimo storico alle elezioni politiche (diventando MSI-Destra Nazionale), 8,7% alla Camera e 9,2% al Senato, eleggendo 56 deputati e 26 senatori. Già l'anno prima il MSI (ormai Msi-Dn) aveva ottenuto un notevole risultato alle elezioni regionali in Sicilia, con un clamoroso 16 per cento.
Nel 1977 affrontò la scissione che portò alla nascita di Democrazia Nazionale, partito composto per lo più da elementi di provenienza monarchica ma anche da esponenti "storici" del MSI come De Marzio, Cerullo e Anderson che con un programma moderato intendevano tentare un aggancio con il centro democristiano. Alle elezioni politiche del 1979 Democrazia Nazionale non ottenne alcun seggio e sparì dalla scena politica. Nel 1978, in previsione delle elezioni europee del 1979, fondò l'Eurodestra.
Nella seconda metà degli anni settanta, in piena emergenza terrorismo, si schierò per l'introduzione della pena di morte per i terroristi colpevoli di omicidio. Successivamente avversò la legalizzazione dell'aborto.
Nel giugno del 1984 Almirante sorprese l'intero mondo politico italiano recandosi insieme a Pino Romualdi a rendere omaggio al feretro di Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista Italiano.
Il 26 gennaio 1986 parlando al Teatro Lirico di Milano, Almirante definisce le formazioni partigiane «bande che ebbero come emblema il ladrocinio e l’assassinio».
Le sue condizioni di salute lo obbligarono nel 1987 ad abbandonare la segreteria del partito, a favore del suo delfino Gianfranco Fini, già segretario del Fronte della Gioventù.
Il 24 gennaio 1988 fu eletto presidente del partito dalla maggioranza del comitato centrale. Morì a Roma alle 10.10 della domenica 22 maggio dello stesso anno per emorragia cerebrale, dopo anche un intervento eseguito a Parigi successivamente al quale le sue condizioni peggiorarono notevolmente. La sua morte cadde il giorno successivo a quella di Pino Romualdi.
Per i due leader missini si svolsero esequie comuni a Roma, a Sant'Agnese in Agone, con la partecipazione di migliaia di persone, tra le quali persino degli esponenti del Partito Comunista Italiano. Il giorno prima, Nilde Jotti, all'epoca presidente della Camera, e Giancarlo Pajetta si erano recati presso la camera ardente per rendere un ultimo omaggio ai due scomparsi. Venne sepolto nel Cimitero del Verano in un sepolcro donato dal Comune di Roma.


CAMERATA ALMIRANTE... PRESENTE!

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