10 GIUGNO 1940
L'ITALIA ENTRA IN GUERRA
Il 10 giugno del 1940 l'Italia dichiarò guerra alla Francia e all'Inghilterra schierandosi al fianco dell'alleato germanico in guerra già dal settembre 1939.
Abbandonando la politica della non-belligeranza e tenendo fede al patto d'acciaio firmato con la Germania di Hitler, l'Italia fascista scendeva in guerra dopo che le Armate tedesche avevano già conquistato mezza Europa. Ancora oggi molti storici italiani e stranieri interpretano l'episodio come un espediente di Mussolini studiato per ottenere molto dando poco: con pochi morti l'Italia poteva sedersi da grande al tavolo della pace.
Ma spesso si dimentica di analizzare la storia calandosi nella sua realtà temporale; in un'Europa che si stava infiammando bisognava schierarsi, con o contro Hitler. Le analogie di pensiero ed ideologia che univano l'Italia di Mussolini e la Germania hitleriana erano indiscutibili. L'Italia scese in guerra al fianco della Germania per coerenza politica ed ideologica, perché la drammatica situazione storica imponeva delle scelte.
"Noi non scegliemmo la strada più facile, ma quella più naturale, quella della lotta contro le false democrazie occidentali, che negli anni precedenti avevano ostacolato con tutti i mezzi l'espansione coloniale e nazionale italiana".
PRIMI FUOCHI
La prima azione di guerra italiana durante la seconda guerra mondiale ebbe come obiettivo Malta; l'11 giugno, 35 bombardieri della Seconda Squadra Aerea, scortati da 18 caccia CR.42, colpirono con le loro bombe La Valletta e l'aereoporto di Hal Far.
Dal bollettino di guerra numero 1 del 12 giugno:
"Unità da bombardamento della Regia Aereonautica scortate da formazioni di caccia hanno effettuato alle prime luci dell'alba di ieri ed al tramonto violenti bombardamenti sugli impianti militari di Malta con evidenti risultati rientrando incolumi quindi alle rispettive basi"
Gli attacchi contro l'isola continuarono anche nelle settimane successive.
Per mare la prima azione avvenne il 12 giugno, a sud di Creta e vide l'affondamento dell'incrociatore britannico Calypso da parte del sommergibile Bagnolini al comando del C.C. Franco Tosoni Pittoni.
Dopo le operazioni aeree e navali, iniziarono anche quelle terrestri: con le Panzer Divisionen Tedesche a pochi chilometri da Parigi, lo Stato Maggiore italiano decise di attaccare la Francia sul fronte delle Alpi occidentali per coadiuvare l'azione di annientamento dell'alleato germanico.
Tuttavia nei giorni immediatamente successivi alla dichiarazione di guerra il fronte alpino era tranquillo, dal momento che lo stesso capo di Stato Maggiore Badoglio, il maggiore artefice delle nostre sfortune militari della Prima e della Seconda guerra mondiale, non desiderava attaccare i suoi "amici" francesi.
Tra l'11 ed il 14 giugno si verificarono solo alcuni scontri tra reparti francesi ed alpini italiani (Battaglione Intra), che fecero registrare i primi caduti.
Il 12 giugno un reparto francese della Val d'Isere attaccò di sorpresa un reparto di alpini italiani nella zona del passo della Galisia, nell'alta valle dell'Orco. Gli alpini riuscirono a respingere prontamente i francesi, che si ritirarono nel rifugio Priarond. Fatto subito segno dai colpi dei nostri mortai da 81 i francesi dovettero ritirarsi anche dal rifugio abbandonando definitivamente qualsiasi velleità offensiva.
Nelle prime ore del mattino dello stesso 12 giugno si registrò invece il primo bombardamento aereo alleato sul suolo nazionale: alcuni bombardieri inglesi Withley giunsero su Genova e su Torino per colpire gli impianti industriali della Fiat e dell'Ansaldo. Fortunatamente l'attacco fu un vero fallimento; la maggior parte delle bombe sganciate dai bombardieri inglesi caddero a Torino in aperta campagna ed a Genova in mare.L'aviazione italiana rispose subito nella notte tra il 12 ed il 13 bombardando varie località della Francia meridionale e la base della marina francese a Tolone.
La marina francese per ritorsione attaccò, nella notte del 14 giugno, la costa ligure tra La Spezia e Genova, colpendo i depositi di carburante di Vado e la zona portuale di Genova. Le nostre batterie costiere risposero al fuoco, riuscendo a colpire il cacciatorpediniere francese Albatros e a danneggiare le altre unità navali nemiche.
Questo attacco della marina francese convinse gli alti comandi Italiani ad attuare nel più breve tempo possibile operazioni offensive oltre il confine francese, alfine di piegare definitivamente la forza militare della Francia.
Il 16 giugno venne emanato un ordine per la preparazione dell'attacco sul fronte occidentale per il giorno 18.
Badoglio segnalò subito a Mussolini l'impossibilità di preparare un'azione offensiva in sole 48 ore.
Mussolini gli rispose prontamente:
"La decisione di attaccare la Francia è una questione politica e della quale io solo ho la decisione e la responsabilità."
A fermare l'imminente offensiva sul fronte alpino, arrivò la richiesta francese di armistizio alla Germania, il 17 giugno. Hitler e Mussolini decisero così di incontrarsi il giorno dopo, a Monaco, per decidere una linea di condotta comune nei confronti della Francia.
A Monaco molte delle rivendicazioni italiane (la Corsica, la Tunisia, Gibuti) ai danni della Francia non vennero accettate da Hitler, il quale temeva che clausole troppo dure avrebbero potuto compromettere tutte le trattative. Hitler non desiderava infierire sui francesi, perché sperava in cuor suo di volgerli alla causa nazionalsocialista, e trasformare la Francia in un nuovo stato satellite della Germania.
Venne deciso inoltre di svolgere le trattative dell'armistizio separatamente: ci sarebbe stato dunque un armistizio franco-tedesco ed uno franco-italiano.
Deluso per l'incontro con Hitler, Mussolini decise dal ritorno da Monaco, che l'unico modo per poter avanzare richieste territoriali ai francesi, era quello di usare la forza. Il giorno 19 venne dato cosi al Gruppo di Armate Ovest l'ordine di attaccare lungo tutto il confine francese a partire dall'alba del 21 giugno ...
Qui di seguito il discorso integrale della dichiarazione di Guerra:
Combattenti di terra, di mare e dell'aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d'Italia, dell'Impero e del regno d'Albania! Ascoltate!Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. (Acclamazioni vivissime). L'ora delle decisioni irrevocabili. La dichiarazione di guerra è già stata consegnata (acclamazioni, grida altissime di "Guerra! Guerra! ") agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia. Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell'Occidente, che, in ogni tempo, hanno ostacolato la marcia, e spesso insidiato l'esistenza medesima del popolo italiano .
Alcuni lustri della storia più recente si possono riassumere in queste frasi: promesse, minacce, ricatti e, alla fine, quale coronamento dell'edificio, l'ignobile assedio societario di cinquantadue stati.La nostra coscienza è assolutamente tranquilla. (Applausi). Con voi il mondo intero è testimone che l'Italia del Littorio ha fatto quanto era umanamente possibile per evitare la tormenta che sconvolge l'Europa; ma tutto fu vano.
Bastava rivedere i trattati per adeguarli alle mutevoli esigenze della vita delle nazioni e non considerarli intangibili per l'eternità; bastava non iniziare la stolta politica delle garanzie, che si è palesata soprattutto micidiale per coloro che la hanno accettate; bastava non respingere la proposta che il fuhrer fece il 6 ottobre dell'anno scorso, dopo finita la campagna di Polonia.Oramai tutto ciò appartiene al passato. Se noi oggi siamo decisi ad affrontare i rischi ed i sacrifici di una guerra, gi è che l'onore, gli interessi, l'avvenire ferramente lo impongono, poiché un grande popolo è veramente tale se considera sacri i suoi impegni e se non evade dalle prove supreme che determinano il corso della storia.
Noi impugniamo le armi per risolvere, dopo il problema risolto delle nostre frontiere continentali, il problema delle nostre frontiere marittime; noi vogliamo spezzare le catene di ordine territoriale e militare che ci soffocano nel nostro mare, poiché un popolo di quarantacinque milioni di anime non è veramente libero se non ha libero l'accesso all'Oceano.Questa lotta gigantesca non è che una fase dello sviluppo logico della nostra rivoluzione; è la lotta dei popoli poveri e numerosi di braccia contro gli affamatori che detengono ferocemente il monopolio di tutele ricchezze e di tutto l'oro della terra; è la lotta dei popoli fecondi e giovani contro i popoli isteriliti e volgenti al tramonto, è la lotta tra due secoli e due idee.Ora che i dadi sono gettati e la nostra volontà ha bruciato alle nostre spalle i vascelli, io dichiaro solennemente che l'Italia non intende trascinare altri popoli nel conflitto con essa confinanti per mare o per terra. Svizzera, Jugoslavia, Grecia, Turchia, Egitto prendano atto di queste mie parole e dipende da loro, soltanto da loro, se esse saranno o no rigorosamente confermate.
Italiani!
In una memorabile adunata, quella di Berlino, io dissi che, secondo le leggi della morale fascista, quando si ha un amico si marcia con lui sino in fondo. (" Duce! Duce! Duce!"). Questo abbiamo fatto e faremo con la Germania, col suo popolo, con le sue meravigliose Forze armate.In questa vigilia di un evento di una portata secolare, rivolgiamo il nostro pensiero alla Maestà del re imperatore (la moltitudine prorompe in grandi acclamazioni all'indirizzo di Casa Savoia), che, come sempre, ha interpretato l'anima della patria. E salutiamo alla voce il Fuhrer, il capo della grande Germania alleata. (Il popolo acclama lungamente all'indirizzo di Hitler). L'Italia, proletaria e fascista, è per la terza volta in piedi, forte, fiera e compatta come non mai. (La moltitudine grida con una sola voce: "Sì! "). La parola d'ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti. Essa già trasvola ed accende i cuori dalle Alpi all'Oceano Indiano: Vincere! (Il popolo prorompe in altissime acclamazioni). E vinceremo, per dare finalmente un lungo periodo di pace con la giustizia all'Italia, all'Europa, al mondo.
Popolo italiano!
Corri alle armi, e dimostra la tua tenacia, il tuo coraggio, il tuo valore!
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