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sabato 12 febbraio 2011

La nuova festa? E' molto meglio del 25 aprile

di Giorgia Meloni.

 

Almeno una volta ogni 150 anni credo ci sia bisogno di 24 ore per ricordare una grande avventura collettiva che innalzò una nazione, dove prima c’erano solo un popolo lacerato e un territorio conteso tra potenze straniere

Il ministro Giorgia Meloni
Cresce il dibattito sul 17 marzo, giorno in cui si celebrerà il 150º anniversario dell’Unità d’Italia. Si discute sul senso che deve avere e sulla necessità o meno di celebrarlo alla stre­gua di una festa nazionale. Forse non è un male, almeno siamo tutti costretti a un confronto più onesto e trasparente. Personalmente, resto convinta che almeno una volta ogni 150 anni ci sia bisogno di 24 ore per ricordare una grande avventura collettiva che innalzò una nazione, dove prima c’erano solo un popolo lacerato e un territorio conteso tra potenze straniere.
Ventiquattr’ore per celebrare le ragioni del nostro futuro in comune. Per ritrovare stima e coscienza della propria identità culturale. Per rinsaldare il legame tra le generazioni nel tempo, e insieme il legame tra gli uomini e le donne che vivono oggi nello stesso luogo. Non mi sembra cosa da poco. Credo valga la pena dedicargli un giorno di festa. Naturalmente a patto che sia davvero tale e non solo un giorno di vacanza. Che lo si festeggi insomma, come un compleanno. Vorrei che ciò avvenisse non solo nel 2011, ma tutti gli anni. Questo è il senso del 17 marzo e non riesco a condividere le opinioni, talvolta molto autorevoli, che vorrebbero declassare questa data a una celebrazione di serie B. Non mi pare di aver mai udito alcuna voce levarsi in difesa della produzione o dell’istruzione nazionale per il 2 giugno o il 25 aprile.
Non vorrei che il 17 marzo si celebrasse a scapito di altre date, sia chiaro. Eppure avrebbe maggior senso festeggiare il giorno dell’unità degli italiani anziché momenti in cui gli italiani si sono divisi, come quando prevalse nel referendum l’ordinamento repubblicano sull’ordinamento monarchico. E sono colpevole di apologia del fascismo se ritengo che la data di nascita della nazione italiana si collochi nel Risorgimento e non nella Liberazione? La verità è che per troppi anni abbiamo riempito l’assenza di una giornata dedicata all’unità del nostro popolo ( come avviene per tutti gli altri popoli del mondo) con altre, importanti certamente ma non altrettanto unificanti. Si dirà, ma il giorno dell’Unità d’Italia non unisce affatto, semmai divide.
Lo ha detto il presidente della Provincia di Bolzano, lo fanno notare, anche se con molto garbo democratico, alcuni esponenti politici dell’attuale maggioranza. È proprio per questo che abbiamo un disperato bisogno di festeggiare il 17 marzo. Per ricordare innanzitutto. Che troppo sangue è stato versato da italiani e austriaci per giungere ad una pace che a Bolzano ha portato autonomia e prosperità, che le navi dei Mille si chiamavano Piemonte e Lombardo, che però la nostra nazione era stata pensata e voluta federalista, ma senza la rivolta della popolazione siciliana non si sarebbe destata la voglia d’Italia nel Meridione che poi tutto travolse. Spero sia anche l’occasione per ricordare a coloro che considerano i giovani di oggi incapaci di rappresentanza politica e civile, che fu una generazione di giovani ribelli a fare l’Italia.
Gente di vent’anni o anche meno, armata di nuovi sogni e vecchi fucili, gettò se stessa contro le baionette di un esercito straniero infinitamente più grande e potente, senza paura. E morì, come Goffredo Mameli e tanti altri. Nella speranza che le successive generazioni non avrebbero lasciato cadere il testimone insanguinato dell’unità fra gli italiani. Non ci si sente un po’ piccini a parlare di fabbriche e produttività con il rischio che quei ragazzi ci ascoltino? 


GIORGIA, SEI IL NOSTRO ORGOGLIO!

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