di
Adriano Scianca.
Possibile
che le 136 vittime di Codevigo facciano ancora paura? Possibile che i soldati
della Guardia Nazionale Repubblicana, delle Brigate Nere, che i civili uccisi e
talora torturati nella primavera del 1945 nei pressi del comune padovano, a
guerra finita, da partigiani garibaldini non possano essere ricordati neanche
nell’Italia del 2012? Sembra di sì, almeno a giudicare dalle difficoltà che il
regista Antonello Belluco sta incontrando nel girare il suo “Il segreto”,
pellicola dedicata proprio alla strage dimenticata commessa dai partigiani e
ricordata recentemente solo da Gianpaolo Pansa. Pressioni, lettere minacciose,
finanziatori che se ne vanno, materiali che non arrivano mai, una sfilza
infinita di “no” e tante porte chiuse. Perché, spiega, «certi temi sono ancora
tabù e io, che sono figlio di profughi istriani e ho conosciuto Toni Negri, lo
so bene. Ma il mio non un film politico, si tratta solo di una storia d’amore
che ha sullo sfondo quei drammatici fatti che nessuno vuole più ricordare. Sarà
per questo che ci stanno rendendo la vita impossibile...».
Belluco,
come vanno le riprese? Pare che ci sia qualche difficoltà...
“Qualche”?
Stiamo facendo una fatica incredibile. Se le parlassi di tutte le vicissitudini
capitate riempirebbe una pagina solo con quelle. Quando si scopre l’argomento
del film dicono tutti di no per qualsiasi cosa, anche le più banali. Il
coproduttore, poi, se n’è andato e ci ha lasciato nei guai. Molti politici mi
hanno detto di aver avuto pressioni affinché il film non uscisse mai. Ho anche
ricevuto due raccomandate dal figlio del partigiano Arrigo Boldrini, il
comandante “Bulow” delle Brigate Garibaldi, nelle quali mi si intimava di non
andare avanti...
E
voi andrete avanti?
Certo.
Nonostante tutto il film si farà. Non ci manca poi tanto.
Non
è che ce l’hanno con lei perché fa film “revisionisti”, ammesso che questa
parola sia così offensiva come dicono?
No,
nella mia pellicola non c’è nessun discorso politico, il film parlerà di una
storia d’amore, la strage fa solo da sfondo. Io parlo di una famiglia come
tante, marginale, in cui, certo, si indossava la camicia nera. Ma questo non
può essere considerato una colpa in sé, dato che a quell’epoca tutti portavano
la camicia nera. Persino Arrigo Boldrini mi risulta l’abbia indossata...
Vero,
nel settembre del 1939 entrò nella Milizia volontaria per sicurezza nazionale
prima di passare con gli antifascisti. Magari è proprio per questo che non se
ne può parlare.
Peraltro
Boldrini ha guidato l’Anpi ed è stato parlamentare, è una figura intoccabile,
parlare di certe storie significherebbe mettere in crisi l’Anpi tutto un certo mondo. Anche se si è sempre
dichiarato estraneo all’eccidio di Codevigo, era pur sempre il comandante di
una brigata coinvolta in questa brutta storia. E questo non è l’unico argomento
tabù. Io sono figlio di esuli istriani e avrei sempre voluto fare un film su
quel dramma ma niente, è impossibile, si trovano tutte le porte sbarrate. Di
certi argomenti non si vuol proprio sentir parlare.
Qualcuno
le darà del “fascista”...
Guardi,
Giorgio Almirante diceva che chi non ha vissuto il fascismo non può definirsi
fascista, che il fascismo è un’esperienza storica conclusa e io sono d’accordo
con lui. Non ho vissuto il fascismo, ho vissuto altri anni e altre
problematiche. Quelli di Mazzola e Giralucci, altra storia su cui mi sarebbe
sempre piaciuto girare una pellicola. Quelli di Toni Negri, con cui ho persino
fatto un esame all’università. Le storie da raccontare al cinema sarebbero
tante...
E
perché non lo si può fare? L’egemonia di sinistra è ancora così forte?
Altrove
non so, ma al cinema assolutamente sì. Non esiste possibilità di entrare se non
si è dei loro e se non si propongono storie legate alla loro cultura. Nelle
grandi spartizioni politiche, la cultura è sempre toccata alla sinistra. È
stata una decisione a tavolino. Anche ai festival, lo vediamo in questi
giorni, girano sempre gli stessi nomi, è
un turnover fra le solite facce: Bellocchio, Moretti, Amelio etc. Meglio
rassegnarsi: film come il mio non andranno mai ai festival.
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