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martedì 9 ottobre 2012

Chi inventò lo Stato sociale? Il Fascismo.



di Giuseppe Brienza.
È stato presentato a Roma, al circolo culturale “L’Universale”, il libro di Michele Giovanni Bontempo Lo Stato sociale nel Ventennio (Pagine, Roma 2010, pp. 290, € 17). A documentare quanto è stato fatto per costruire nel nostro Paese le fondamenta di un welfare State sul quale si è appoggiata la Repubblica italiana (basti pensare all’Istituto nazionale di assistenza malattie, all’Opera maternità e infanzia, all’assistenza previdenziale e ospedaliera) sono intervenuti, oltre all’autore ed all’editore Luciano Lucarini, Fabio Torriero, Teodoro Buontempo, Adalberto Baldoni, Nazzareno Mollicone ed Egidio Eleuteri. «Chi ha promosso il welfare italiano, cioè quella politica sociale, economica ed industriale, che ha reso grande l’Italia anche all’estero? – si è chiesto Michele Bontempo – Non la sinistra, ma il fascismo durante il Ventennio. Una legislazione sociale che ha ripreso il welfare giolittiano». Seguendo l’indice del saggio pubblicato nella collana dei Libri del Borghese, il giovane giurista e funzionario dello Stato ha quindi descritto con precisione il cambiamento della società italiana negli anni che videro la nascita e l’affermazione del fascismo, soffermandosi soprattutto sulle leggi e sui provvedimenti riguardanti il Welfare. Da Lo Stato sociale nel Ventennio emerge, infatti, con estrema chiarezza, la profonda maturazione della società italiana che vide modificarsi radicalmente i rapporti alla base del lavoro, con datori di lavoro e lavoratori che assumono giuridicamente e socialmente diritti e obblighi reciproci.
Passando in rassegna i testi storici e le Gazzette Ufficiali dell’epoca, Bontempo esamina al principio del suo volume le principali dinamiche della società e dell’economia. Partendo da tale premessa analizza quindi le politiche intraprese dal governo Mussolini per agevolare la tendenza a “fare impresa”. Una tendenza che avrebbe poi salvato l’economia italiana dando vita al boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta. Tutto questo passando attraverso la promozione della politica sociale. Alla fissazione dell’orario di lavoro fa seguito l’ampia tutela per le donne (di questi anni il divieto di licenziamento per le gestanti) e i bambini. Non solo. Il saggio di Bontempo mostra molto chiaramente come il governo Mussolini abbia varato la prima normazione relativa all’igiene ed alla salubrità delle fabbriche.
Lo Stato sociale nel Ventennio, dunque, riporta coraggiosamente alla luce conquiste che non vengono insegnate a scuola e presentate dai media. È così che Bontempo ripercorre le radici del divieto di licenziamento senza giustificato motivo o senza giusta causa e degli istituti che garantiscono e regolano non solo la pensione ma anche le assicurazioni di invalidità, vecchiaia e disoccupazione. Il libro ricorda, infine, come sia proprio degli anni Trenta l’introduzione degli assegni per gli operai con famiglia numerosa e l’istituzione di strutture il cui fine è quello di assistere i poveri, i disabili e gli handicappati. Nel Ventennio – ha spiegato Bontempo – la conservazione del posto di lavoro era garantita e favorita da continui corsi professionali che avevano lo scopo di aggiornare i lavoratori.
A margine della presentazione del volume di Bontempo, il presidente dei «Circoli del Borghese», Biagio Ehrler, ha illustrato motivi e finalità di questa nuova iniziativa civica che, diffusasi nelle maggiori città italiane, come si legge nello Statuto, mira all’ambizioso obiettivo di «Aiutare la politica a rigenerarsi e i partiti a rinnovarsi», contrastando nel contempo il predominio culturale del “politicamente corretto” e della sinistra nel nostro Paese.

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