Vi proponiamo il discorso del Presidente Silvio Berlusconi pronunciato alla Camera dei deputati il 29 settembre 2010
Signor Presidente,
Signori Deputati
Signori Deputati
Oggi il governo che ho l’onore di presiedere si rivolge al Parlamento, che è il luogo in cui la sovranità popolare trova la sua più alta espressione ed il suo più alto esercizio. La democrazia nasce con le libere elezioni, e vive con i parlamenti. Non vi può essere né autentica democrazia, né buongoverno, se il parlamento non è libero e forte.
I governi democratici traggono la loro capacità di agire per il bene della nazione dal consenso sempre rinnovato dei rappresentati del popolo. Tra parlamento e governo non vi può mai essere contrapposizione, ma vi deve essere un’armonica simbiosi, nella distinzione dei ruoli e delle funzioni che la nostra Carta costituzionale assegna ad ognuno.
Questa è la mia profonda convinzione, questo è lo spirito con il quale mi rivolgo ad ognuno di voi.
Nel maggio di due anni fa, nel chiedervi il voto per la fiducia al nuovo governo, affermai che il lavoro che ci aspettava per ridare slancio all’Italia richiedeva ottimismo e determinazione.
Avevo visto bene.
In virtù della netta espressione della volontà popolare del 2008, per l’Italia si apriva finalmente una stagione di grandi speranze e di auspicate e necessarie riforme.
Gli elettori hanno raccolto e premiato il nostro comune appello a rendere più chiaro il panorama politico, a rendere più stabile e più efficiente il governo del Paese.
Con il voto del 2008 è stata ridotta drasticamente la frammentazione politica, è stata scelta con nettezza una maggioranza di governo e un’opposizione, ciascuna con la propria leadership.
Più del 70 per cento dei suffragi si è infatti concentrato sui due maggiori partiti, il Popolo della libertà e il Partito Democratico. Si è trattato della prima grande riforma voluta e certificata dal popolo nel segno di un bipolarismo maturo, con il riconoscimento reciproco tra avversari e teso a mandare definitivamente in archivio le pratiche della vecchia politica. Sia il mio discorso di presentazione del Governo alle Camere, sia il discorso del leader dell’opposizione, pur nelle fisiologiche e necessarie distinzioni, ebbero un comune denominatore: quello della responsabilità di fronte all’Italia e agli italiani. Si apriva un varco per quello spirito riformatore più volte auspicato in questi anni anche dal Capo dello Stato.
L’allora leader del Partito democratico, onorevole Veltroni, citò una riflessione di uno dei Padri Costituenti, Piero Calamandrei, che personalmente condivido in tutte le sue parti, mentre altri ne ricordano sovente soltanto la prima. Diceva Calamandrei: “Il regime parlamentare non è quello dove la maggioranza ha sempre ragione, ma quello dove sempre hanno diritto di essere discusse le ragioni della minoranza. Quest’ultima, a sua volta, deve avere rispetto per la legittimità elettorale della maggioranza e la legittimità costituzionale del Governo”.
I governi democratici traggono la loro capacità di agire per il bene della nazione dal consenso sempre rinnovato dei rappresentati del popolo. Tra parlamento e governo non vi può mai essere contrapposizione, ma vi deve essere un’armonica simbiosi, nella distinzione dei ruoli e delle funzioni che la nostra Carta costituzionale assegna ad ognuno.
Questa è la mia profonda convinzione, questo è lo spirito con il quale mi rivolgo ad ognuno di voi.
Nel maggio di due anni fa, nel chiedervi il voto per la fiducia al nuovo governo, affermai che il lavoro che ci aspettava per ridare slancio all’Italia richiedeva ottimismo e determinazione.
Avevo visto bene.
In virtù della netta espressione della volontà popolare del 2008, per l’Italia si apriva finalmente una stagione di grandi speranze e di auspicate e necessarie riforme.
Gli elettori hanno raccolto e premiato il nostro comune appello a rendere più chiaro il panorama politico, a rendere più stabile e più efficiente il governo del Paese.
Con il voto del 2008 è stata ridotta drasticamente la frammentazione politica, è stata scelta con nettezza una maggioranza di governo e un’opposizione, ciascuna con la propria leadership.
Più del 70 per cento dei suffragi si è infatti concentrato sui due maggiori partiti, il Popolo della libertà e il Partito Democratico. Si è trattato della prima grande riforma voluta e certificata dal popolo nel segno di un bipolarismo maturo, con il riconoscimento reciproco tra avversari e teso a mandare definitivamente in archivio le pratiche della vecchia politica. Sia il mio discorso di presentazione del Governo alle Camere, sia il discorso del leader dell’opposizione, pur nelle fisiologiche e necessarie distinzioni, ebbero un comune denominatore: quello della responsabilità di fronte all’Italia e agli italiani. Si apriva un varco per quello spirito riformatore più volte auspicato in questi anni anche dal Capo dello Stato.
L’allora leader del Partito democratico, onorevole Veltroni, citò una riflessione di uno dei Padri Costituenti, Piero Calamandrei, che personalmente condivido in tutte le sue parti, mentre altri ne ricordano sovente soltanto la prima. Diceva Calamandrei: “Il regime parlamentare non è quello dove la maggioranza ha sempre ragione, ma quello dove sempre hanno diritto di essere discusse le ragioni della minoranza. Quest’ultima, a sua volta, deve avere rispetto per la legittimità elettorale della maggioranza e la legittimità costituzionale del Governo”.