di Marcello de Angelis
Il carcere non lo auguro a nessuno, ma lo consiglio a molti. Così si espresse anni fa un leader della lotta armata di sinistra, senza nessuna volontà di fare sarcasmo. Dopo due decenni dietro le sbarre era sicuramente un altro uomo, aveva fatto i conti con se stesso, con la propria coscienza e le proprie paure.
Questa opportunità sarà negata a Cesare Battisti. Il suo storico omonimo, pur nato sotto il dominio austriaco, si arruolò nel’esercito italiano, fu processato per diserzione e tradimento e affrontò sprezzante l’impiccagione.
Il nuovo Battisti sognò come tanti la rivoluzione. Si accontentò di fare rapine, purtroppo con quattro omicidi. Fuggì in Francia, poi in Brasile.
Fa parte della categoria di chi ha gli amici giusti e non può essere trattato come gli altri.
Perché non soffra il carcere hanno fatto appello da Bernard Henry-Levy a Gabriel Garcia Marquez a Roberto Saviano (che poi ci ha ripensato perché era cattiva pubblicità).
Battisti, come Sofri, dicono scriva molto bene. Quindi, come gli uccelli canterini, sarebbe sprecato in gabbia.
Se non sai scrivere poesie e non sei amico di un ministro, in carcere puoi morire abbandonato, malato e senza clemenza.
Sarebbe bello poter guardare agli anni di piombo come una cosa sepolta nel passato.
Perché accada, ognuno deve sacrificare qualcosa di se stesso.
Forse un giorno toccherà anche a Battisti.
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