By Ciccio.
Quella del capro espiatorio è una cultura che ci appartiene sempre più. La sua storia risale ad un’antica tradizione ebraica, dove due capri venivano portati, assieme ad un toro sul luogo del sacrificio, come parte dei sacrifici del Tempio di Gerusalemme. Il sacerdote compiva un’estrazione a sorte tra i due capri. Uno veniva bruciato sull’altare sacrificale assieme al toro. Il secondo diventava il capro espiatorio. Il sacerdote poneva le sue mani sulla testa del capro e confessava i peccati del popolo di Israele. Il capro veniva quindi allontanato nella natura selvaggia, portando con sé i peccati del popolo ebraico, per essere precipitato da una rupe a circa 10 chilometri da Gerusalemme.
Questo breve cenno storico, oltre ad aver sicuramente arricchito la cultura dei molti che usano questa parola senza conoscerne la provenienza storica, è presupposto fondamentale per riflettere sulle varie vicende che si stanno susseguendo questi giorni nel nostro Paese. E’ una cultura che purtroppo, più nel male che nel bene, ha sempre creato vittime: in sostanza, quando qualcosa va male c’è sempre la necessità di trovare un colpevole “fisico”, a patto che sia all’infuori della moltitudine e, ovviamente, di se stessi. Chi si prenderebbe le colpe anche se fosse lui il reale colpevole? Ricordo, a riguardo, la triste pagina della “caccia alle streghe”, fenomeno passato alla storia come uno dei momenti più bui della civiltà occidentale. Anche questa espressione spesso viene riutilizzata anche oggi (si usa ormai da circa 700 anni) e sembra fatta apposta per sostenere la mia tesi.
Ma, calandoci nella modernità (questa è la parola più azzeccata), la cultura del capro espiatorio è, come dicevo nell’introduzione, una cultura che sta andando molto di moda: c’è un nubifragio che porta danni e vittime? La colpa è di chi amministra la città, di destra o sinistra che sia. Comprensibile o meno, razionalmente parlando è un concetto sbagliato, che deve essere tenuto e rilegato in un angolo. Come si può dare responsabilità ad una persona di un evento non controllabile e non prevedibile? C’ erano costruzioni abusive a Genova (non conosco lo schieramento del sindaco e non mi interessa saperlo)? Si abitava dove non si poteva? Allora perchè nessuno ha mai parlato o denunciato ogni abuso edilizio? Regna il chi si fa i cavoli suoi campa cent’anni? E allora che c’è da prendersela con il “capro espiatorio”? C’era già stato un precedente in Ottobre… e perchè nessuno ha mosso un dito? Si sà come funzionano le cose quì… fino a quando non ci scappa il morto a nessuno gliene importa nulla. Quindi la colpa + di tutti, di chi ha fatto e di chi non ha impedito che si facesse. Non esistono scusanti. Con questo ovviamente non tolgo il calore ed il rispetto per chi ha perso tutto e lavora per ricostruire, per carità. Rispetto e silenzio assoluto. Ma creare ingiustizie su ingiustizie è qualcosa che non riesco ad accettare. La stessa situazione l’abbiamo vista qualche giorno fa a Roma, dopo il forte acquazzone che qualcuno ha chiamato nubifragio, chiedendo addirittura lo stato di calamità naturale (Roba che se ci sentisse un inglese si metterebbe a ridere, dato che quel giorno ha piovuto solo tre ore…). Polemica a parte, è inconcepibile e ribrezzevole che opposizione politica, giornali e tv, abbiano dato responsabilità a chi non ne ha avute. Concetto superficiale e molto pericoloso.
E’ sempre colpa di chi colpa non ne ha. E questo pompa ingiustizia, questo fa pagare chi non deve.
Siamo in vena di esempi e passiamo ad un altro, sicuramente meno grave, ma non per questo passato in questi giorni in secondo piano. Ora va di moda non sentirsi rispettati all’estero. Ed ecco quì l’ennesima prova di quello che dico. Ecco quì che l’opinione pubblica punta il dito su altri capri espiatori: il governo e Berlusconi. La Merkel e Sarkozy (ride Sarkozy probabilmente della sua inopportuna sbronza al G8 di qualche anno fa…) ridono del nostro paese perchè chi ci rappresenta è poco serio e ridicolo.
Ennesima cazzata. Ennesima concezione della realtà sbagliata, ennesima riflessione fuori da ogni logica. Ennesimo tentativo, purtroppo riuscito, di scaricare le responsabilità della massa su un’unica o più persone. Quanti di voi sono mai stati ad Amsterdam? Io ci sono stato: nella red light district, famoso quartiere a “luci rosse”, un mio amico per divertirsi chiese: “alzi la mano chi è italiano!”. Le mani le riuscimmo a contare con qualche difficoltà. Se ci ricordano da sempre come “mafia, pizza e mandolino” un motivo ci sarà e non sarà certo per colpa di un singolo, ma per colpa di tutti. Ricordo con amarezza un padre di famiglia (con bimbe e donna davanti) che mi passò su pennetta un file e durante la sua ricerca, scorsi con gli occhi una cartella che, dal titolo, conteneva il famoso quanto discusso video di Belen, che denunce ipocrite a parte, tutti hanno rincorso e ricercato insistentemente. Questi sono gli stessi che si lamentano se B fa i festini… ma andate a…!
Se ognuno sentisse il peso della responsabilità nelle sue scelte e nei suoi comportamenti, se ogni italiano ogni volta uscisse dal suo paese esportando valori che da sempre gli appartengono (e che spesso sembra non ricordare), il mondo ci guarderebbe con maggiore ammirazione e ci penserebbe sopra forse tre o quattro volte prima di ridere sul nostro nome. Prendiamo esempio dal passato quando i romani, fondatori dei nostri valori fondamentali e della nostra civiltà, esportavano nel mondo lealtà, onore, coraggio, rispetto e senso d’appartenenza. In cambio ottenevano ammirazione. Incarniamo tutti i giorni il significato di essere “migliori”, essere “esempio”. Dimostriamolo a noi stessi prima di tutto. Scegliamolo, consapevolmente, tutti i giorni. Guardiamoci con ammirazione allo specchio, ma solo se ce lo meritiamo veramente.
D’altronde, ora che ci penso, non serve neanche tornare indietro di duemila anni, non siamo ridotti così male: basta andare indietro di soli due anni, all’Aquila, il 6 aprile del 2009. In quei giorni, abbiamo dimostrato al mondo intero cosa significa essere fratelli, qual è la sostanza della parola più usata senza consapevolezza, la solidarietà, quella vera, quella provata sulla propria pelle. Abbiamo dimostrato al mondo intero di che pasta siamo fatti noi italiani. Abbiamo reagito ricostruendo e lavorando, in silenzio, con determinazione e con grande dignità. Quella vorrei fosse l’Italia di tutti i giorni, l’Italia che ripudia le ingiustizie, che rifiuta di porsi in guerre fratricide per il volere di pochi poteri forti, che lavora quotidianamente per costruire qualcosa di migliore e che non ha il tempo per indignarsi e perdersi in una marea di parole inutili. Lo si fa lavorando in silenzio, fianco a fianco, con audacia e consapevolezza.
Smettiamola con i capri espiatori, siamo tutti responsabili, tiriamo fuori la dignità.
Siamo italiani, ma con orgoglio.
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