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lunedì 28 novembre 2011

Tornare o no ai vecchi conii nazionali? Un dubbio che assilla l’Europa. Soprattutto l’Italia...



Ormai la debolezza e/o l’inconsistenza della politica monetaria europea è sotto gli occhi di tutti. Le difficoltà europee ci hanno mostrato che l’euro è solo una finzione economica che ci ha illusi per dieci anni. La verità è che siamo tiranneggiati dalla Germania e che la politica economica dell’UE si decide nei suoi palazzi.

Non sono un esperto di finanza ed economia, ma è sotto l’occhio di tutti che l’Europa dell’euro sta fallendo miseramente. Per quanto mi riguarda, e per quanto possa capire esattamente quello che sta accadendo, l’euro si sta rivelando un misero fallimento: troppo costoso per alcune nazioni con strutture economiche “deboli” (vedi l’Italia); troppo debole per altre nazioni con un’economia più solida e strutturata (vedi la Germania). In questo contesto, la tendenza è la disgregazione, ed è quello che sta avvenendo in Europa. È stata sufficiente un’ondata speculativa, per mettere a nudo un progetto (quello dell’Euro) che si è rivelato per quello che è: inconsistente. Non si possono mettere insieme patate e carote, sedano e cicoria, a patto di fare un minestrone. E l’Europa dell’euro oggi è un minestrone. E non certo un minestrone gustoso e aromatico, ma una brodaglia insipida e priva di consistenza, cucinata da cuochi approssimativi. In altre parole, è una entità pseudo-unitaria il cui unico collante è dato da rigidi vincoli di stabilità difficili da rispettare per le specifiche esigenze delle realtà nazionali, che – sappiamo – non sono tutte uguali.
Dunque, gli euroscettici hanno visto giusto. E non posso che concordare con loro. Non perché non sogni davvero una grande nazione europea, ma perché l’Europa così come è oggi non è una nazione europea, ma è un contratto commerciale fra nazioni che hanno stillato una serie di clausole vessatorie per alcuni Stati (tra cui l’Italia), a vantaggio esclusivo di altri Stati (tra i quali Francia e Germania). Ed è chiaro che un siffatto contratto, prima o poi sarebbe stato disatteso dinanzi alle prime difficoltà di adempimento.
Non posso e non voglio addentrarmi nel fenomeno speculativo internazionale, ma è sotto gli occhi di tutti che questo fenomeno ha rivelato la vera consistenza del patto europeo, mettendo a nudo gli egoismi tedeschi e la debolezza economica dei paesi del sud Europa, come l’Italia, la Spagna, il Portogallo e la Grecia (e nel mezzo la Francia, a metà strada tra l’arroganza tedesca e le difficoltà del resto d’Europa). È stato sufficiente proporre l’istituzione degli eurobond e di un ruolo più attivo dell BCE per farci capire che i tedeschi considerano l’euro una loro proprietà che pretendono parametrato alla loro crescita/decrescita economica, infischiandosene del resto d’Europa, fino a giungere all’ipotesi di un’uscita dal circuito là dove le altre nazioni europee non si adeguassero (e subito) alla loro logica economica.
Eccoci dunque qui ad annaspare. L’Italia non ha più sovranità monetaria. Non può decidere strategie idonee a smorzare l’onda speculativa. Non può attivare tutti quei meccanismi necessari per infondere nuova fiducia nei mercati. Può solo pregare che la Merkel cambi idea sugli eurobond e che la Germania da lei guidata finalmente si decida a collaborare con un atteggiamento di parità e non di arrogante superiorità. Insomma, può solo fare un po’ di moral suasion, che però appare davvero poco persuasiva, vista “l’autorevolezza” del nostro esecutivo, guidato da un tecnico non eletto da nessuno che cerca di convincere un politico che rappresenta lo Stato economicamente più potente d’Europa. Non c’è storia e non c’è speranza. In questo frangente, l’Italia può solo pregare che l’Europa germanica le faccia la carità e “ordini” alla BCE di emettere gli eurobond o di acquistare qualche BOT italiano per ridare fiato alla nostra economia.
Siamo davvero messi male. Pendere dal Bundestag tedesco. Chi l’avrebbe mai detto? La Germania avrà pure perso la guerra militare, ma nel lungo periodo l’Europa l’ha conquistata comunque, vincendo la partita economico-monetaria, perché oggi – con questo dannato
bundeseuro – la politica monetaria si decide nei palazzi tedeschi e non certo in quelli italiani. Sono la Merkel e il suo governo che hanno il coltello dalla parte del manico, e hai voglia di avere un italiano alla guida della BCE: è pur sempre un italiano che prende ordini dalla Germania, e non certo da Palazzo Chigi, dove abbiamo un inquilino abusivo.
Che fare dunque? Beh, forse sarebbe il caso di chiudere qui l’esperienza con la moneta unica e tornare alla cara vecchia Lira. Non saremmo certo gli unici. Il ritorno alla moneta nazionale è ormai preso in considerazione da mezza Europa. È indubbiamente un passo indietro, ma ormai è un passo che molti giudicano inevitabile, davanti allo stallo dell’Europa dell’euro, incapace di progettare una politica monetaria unitaria che tenga conto degli interessi di tutte le nazioni europee e non solo dell’interesse germanico.


Fonte: Tocqueville.

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