di Pietro Salvatori.
Fino a ieri erano tutti tranquilli. Sulle incompatibilità lo Statuto voluto dal partito era stato assai blando. "È emanato un apposito Regolamento sulle incompatibilità tra le cariche del Movimento e gli incarichi istituzionali e di rappresentanza esterna", recita l'articolo 35. Un po' come il governo, che ha rimandato i tagli alle province ad una legge ordinaria che probabilmente non vedrà mai la luce. Con la differenza che Angelino Alfano ha poi spinto sull'acceleratore, e ieri ha fatto circolare un documento, a sua firma, il cui titolo ha fatto correre un brivido sulla schiena a più di qualche maggiorente del partito: "Nuovo regolamento sulle incompatibilità". Il pretesto è quello della "celebrazione dei prossimi congressi provinciali e di grande città". Ma le tre paginette del documento riguardano anche i coordinatori regionali, oltre a quelli provinciali e cittadini, compresi i rispettivi vicari.
La lista delle poltrone non cumulabili è assai lunga. Chi guiderà il partito sul territorio non potrà ricoprire incarichi a via dell'Umiltà: fuori i "responsabili nazionale di settore" e i "presidenti di consulta nazionale". Come anche i "membri del governo", che dovranno pensare esclusivamente al proprio ministero. Nessuna sovrapposizione nemmeno con chi sarà impegnato nell'amministrare la cosa pubblica a livello locale: "presidenti di regione", "assessori o capogruppo regionali", "presidenti di assemblea regionali", "presidenti o assessori di provincia", "sindaci o assessori di comuni capoluogo", "sindaci di comuni superiori a 15 mila abitanti". Insomma: se vuoi occuparti di partito sul territorio, fai quello e basta. Ti potrai fregiare delle stellette del partito al massimo in Parlamento. Già, perché sembra che la pressione dei gruppi di Camera e Senato abbiano scongiurato che il segretario procedesse nella linea di intransigenza totale che avrebbe avuto in mente al momento di redigere il regolamento. Anche se l'Articolo 3 taglierà le gambe alle ambizioni di molti tra quelli che hanno uno scranno nel Palazzo. L'incompatibilità è estesa a chiunque sia "membro di un Consiglio di amministrazione di società o aziende a partecipazione dello Stato o delle Regioni o di Enti locali territoriali", oltre che ai dipendenti del partito.
Un combinato di norme che obbligherà tutti i generali e i colonnelli del Pdl a scegliere tra la militanza casa per casa e l'auto blu. E con ampio anticipo. L'Articolo 4 stabilisce le "Condizioni per la candidatura alle elezioni". E recita testualmente: "I Coordinatori […] che intendano candidarsi ad elezioni politiche, europee, regionali o amministrative […] devono sospendersi dal loro incarico con decorrenza di sei mesi prima della scadenza dell'organo al quale intendono candidarsi". In caso di elezioni anticipate, i boss locali hanno sette giorni per scegliere cosa fare. Una norma che rimette in gioco anche la posizione di onorevoli e senatori, rendendo quantomeno interpretabile la loro posizione. Se è impossibile percorrere la strada che porta a Roma mantenendo i gradi nel territorio, non è chiaro se il percorso inverso rimanga agibile.
Qualche esempio di quello che potrà succedere? L'ex An Vincenzo Piso, coordinatore del Lazio, dovrà lasciare al massimo entro un anno il suo incarico se vuole vedersi riconfermare in Parlamento. Stessa sorte per il vice, Alfredo Pallone, oggi all'Europarlamento. Tantissimi nella medesima situazione. Dal ligure Michele Scandroglio al piemontese Enzo Ghigo, dal friulano Isidoro Gottardo al pugliese Francesco Amoruso. Mario Mantovani, dominus lombardo, dovrà scegliere tra il territorio e la responsabilità nazionale su rappresentanti di lista e difensori del voto. Domenico Nania, vice di Giuseppe Castiglione - nella stessa situazione dei colleghi di cui sopra - , sarà costretto a scegliere se rimanere in Sicilia o continuare a occuparsi per il partito di Enti locali. Plastica la situazione di Giuseppe Scopelliti, che oltre ad essere presidente in Calabria, guida anche gli azzurri della regione.
L'intero Veneto verrebbe decapitato. Alberto Giorgetti e Aldo Brancher, entrambi un passato da membri del governo che gli avrebbe tagliato le gambe tout court, dovranno rinunciare rispettivamente al coordinamento regionale e a quello della provincia di Verona. Maurizio Paniz al suo lavoro sul territorio di Belluno.
La lista potrebbe continuare a lungo. Se Angelino fa sul serio, nei prossimi varrà la pena seguire da vicino le vicende del Pdl, al bivio tra il caos e il tentativo di fare sul serio sulla selezione di una classe dirigente che riesca ad andare oltre il berlusconismo morente.
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