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venerdì 23 dicembre 2011

Schiavi dell’euro: la Bce lucra sul denaro che ci spetta.

di Giorgio Cattaneo

Domanda: ma l’euro di chi è? Nessuna norma del Trattato di Maastricht dice di chi dev’essere la proprietà dell’euro. E siccome dal silenzio su questo argomento fondamentale nasce l’incertezza di tutti i rapporti di debito e credito nella fase della circolazione monetaria, è chiaro che l’euro allo stato attuale non è affidabile. E’ vero che le banche centrali europee hanno emesso la moneta, prestandola. Però questa regola, che è una prassi bancaria – che noi abbiamo dimostrato illegittima, perché il titolare della moneta non può essere la banca ma la collettività nazionale – se è stata tollerata, per prassi, dalle banche centrali nazionali, non può essere tollerata,per prassi, nei confronti della Banca Centrale Europea.

La gente deve cominciare a capire che, con l’avvento dell’euro, noi ci andiamo a indebitare con la Bce, senza contropartita, per tutto l’euro che sarà messo in circolazione dalla Banca Centrale Europea. Se compro un’automobile, mi indebito e mi impegno a pagare a rate: ma almeno l’azienda mi dà come corrispettivo l’automobile. La Bce ci viene a indebitare per un valore pari a tutto l’euro messo in circolazione, ma senza contropartita. Sicché, l’Europa rischia di precipitare nella dimensione dei popoli del Terzo Mondo: che sono tali perché gravati da un debito non dovuto, che è pari a tutto il denaro in circolazione, e che quindi realizza una subordinazione di schiavitù nei confronti della “usurocrazia” che domina il sistema monetario e politico mondiale.

Di fronte a questo rischio, cosa possiamo fare? Proponiamo a chiunque – privati cittadini, aziende, enti pubblici – di affiggere ovunque un cartello con scritto: “L’euro di chi è?”. Maastricht non lo dice. Perché si tace? Di norma, quando ruba, il ladro lo fa di nascosto. E qual è il programma della Bce? Siccome tutte le banche centrali del mondo, dalla Banca d’Inghilterra in poi, hanno emesso la moneta “prestandola” – cioè arrogandosi non solo il diritto di stamparla, ma anche la proprietà della moneta, come proprio monopolio bancario – la stessa cosa fa la Banca Centrale Europea. La Bce non potrebbe mai dire che è l’euro è suo, dovrebbe dire che è dei popoli: ecco perché la Bce non può dire di chi è la proprietà della moneta. Perché chi dà valore alla moneta non è chi la stampa, ma chi l’accetta. Se mettiamo il governatore di una banca centrale a stampare moneta su un’isola deserta, non nasce il valore: perché manca la collettività.

Solo la gente, accettandola, crea convenzionalmente il valore della moneta. Questo significa che anche l’euro, all’atto dell’emissione, va dichiarato di proprietà dei popoli europei, e non della banca centrale. Il rischio è grosso, perché non ci sono vie di mezzo: se il Trattato di Maastricht non dice niente sulla proprietà dell’euro, noi non possiamo autorizzare il ladro a decidere chi dev’essere il proprietario. E’ come per i popoli del Terzo Mondo: prima che dalla fame, sono strozzati dal debito. La stessa cosa avverrà coi popoli europei: che si indebiteranno senza contropartita con la Bce per ogni euro messo in circolazione, così come i popoli del Terzo Mondo si sono indebitati con la Federal Reserve americana per i dollari messi in circolazione. Abolita la contropartita della riserva aurea nel 1971, la Fed cosa ha fatto? Carta e inchiostro, in cambio di denaro vero dal Terzo Mondo. Esattamente così, solo su carta e inchiostro, la Bce baserà l’emissione di euro nei confronti dei popoli europei.

Ecco perché, in qualità di cittadini europei, noi pretendiamo di sapere di chi è la proprietà dell’euro all’atto dell’emissione: perché se manca questo accertamento, la risposta fa crollare questo sistema programmato dai grandi usurai che dominano il regime monetario. I quali, con l’euro, hanno realizzato una truffa clamorosa nei confronti di tutti i popoli europei. Sono obbligati a dare una risposta: ci dicano di chi è l’euro. Se è della Bce, che lo stampa e lo presta, allora ci truffa: perché toglie ai popoli il valore monetario creato dalla collettività. Se non diciamo chi è il proprietario, non possiamo dire neppure chi è il debitore e chi il creditore. Non si può dire di chi è l’euro? Allora quella diventa una moneta che non può essere accettata.

Io, cittadino, ho il diritto di contestare e dire: io l’euro non lo accetto. Questo fa saltare per aria tutte le trame dei grandi usurai che ci hanno manipolato, per imporre all’Europa un debito non dovuto. Il loro piano? Fare dell’Europa un’organizzazione di popoli del Terzo Mondo. Il valore indotto della moneta, che si ha quando la si fa circolare, è il potere d’acquisto. Inizialmente, c’era la riserva aurea: la moneta è stata costituita come titolo rappresentativo di quella riserva. Sennonché, con gli accordi di Bretton Woods che nel ‘71 hanno abolito l’oro come riserva, dobbiamo cominciare a chiarire che, all’atto dell’emissione, la moneta va dichiarata di proprietà dei popoli e non delle banche centrali. Tanto più lo dobbiamo dire oggi, per colmare una lacuna normativa del Trattato di Maastricht, che parla di tutto tranne che di questo punto centrale: di chi è la proprietà dell’euro.

Perché tanto silenzio? Perché le banche centrali vogliono appropriarsi in modo parassitario dei valori creati dalle comunità. Prestano denaro non loro: e noi abbiamo scoperto la tecnica con cui questi truffatori barano al gioco della Storia. Allora pretendiamo che l’euro venga dichiarato di proprietà dei popoli europei. E, contestualmente, chiediamo che ad ogni popolo vengano accreditati – e non addebitati – gli euro emessi. Proprietari e non proprietari? Non è una differenza di poco conto: è la stessa differenza che c’è tra creditori e debitori. Cosa preferiamo essere, proprietari dei nostri soldi o debitori? Questa è la domanda alla quale Maastricht non risponde, perché è stato programmato dai grandi vertici delle banche centrali, che hanno organizzato la Bce sul modello della Banca d’Inghilterra che dal 1600 emette “prestando”, inaugurando cioè il grande parassitismo ai danni delle economie nazionali.

Ogni anno muoiono di fame 50 milioni di esseri umani: non per mancanza di alimenti, la cui eccedenza distruggiamo, ma per mancanza di denaro per comprare gli alimenti. Non solo la moneta dev’essere di proprietà dei popoli, ma ogni cittadino dovrebbe avere il suo reddito di cittadinza, per razionalizzare il diritto sociale. Cos’è la moneta? Una convenzione: accetto moneta contro merce, perché prevedo di poter ottenere altra merce contro moneta. Valore indotto: lo stesso che si ottiene facendo circolare monete alternative. E’ il caso del Simec, circolato in Abruzzo come esperimento, per poi eventualmente diventare una valuta mondiale in sostituzione del dollaro, emanato dal “grande usuraio” che è il governatore della Federal Reserve. La Fed usa lo stesso sistema della Banca d’Inghilterra: stampa e presta. Con una moneta come il Simec, io stampo e dò. Sta a noi decidere: solo noi possiamo scegliere di dare valore a un pezzo di carta.

La grande usura si è consolidata negli ultimi tre secoli, nella storia della moneta. Abbiamo bisogno di cambiare le regole del gioco. La riserva? E stata sempre una favola. E ha spinto le monarchie a indebitarsi coi banchieri, per denaro che i bancheri stampavano a costo tipografico. Il valore del denaro non è un vero valore creditizio basato sulla riserva, ma solo un valore indotto e basato sulla semplice convenzione. Il principio della proprietà popolare della moneta: è l’apertura della terza via. Se l’euro è dei cittadini, ad ogni cittadino spetta una parte dei soldi stampati dalla Banca Centrale Europea: la Bce dovrebbe funzionare solo come tipografia, operando gli adempimenti necessari a mettere a disposizione dei cittadini la loro moneta. Chi dà valore alla moneta siamo noi: e quindi abbiamo diritto di pretendere dalla Bce che l’euro sia dichiarato di proprietà dei popoli, altrimenti abbiamo il diritto di rifiutare l’euro all’atto dell’emissione perché, mancando la certezza del diritto, manca la validità della moneta.

Qui si tratta di trasformare i popoli: da debitori in proprietari. Oggi tutta l’umanità è angosciata dall’insolvenza: recenti statistiche rivelano un quantitativo impressionante di persone che si suicidano per i debiti, e questo fenomeno non ha precedenti nella Storia, perché nasce dall’avvento della “usurocrazia” che si è presentata sotto una parvenza di democrazia. A noi la democrazia sta bene: vuol dire sovranità popolare. Ma il popolo deve avere anche la sovranità monetaria, oltre a quella politica, cioè la proprietà popolare della moneta in un sistema di democrazia integrale. Tante sono le idee e tanti i partiti, ma quello che conta è l’onestà degli scopi: liberare l’umanità dall’angoscia dell’insolvenza. Oggi l’arrivo del postino è motivo di allarme, temiamo pagamenti: è la prova del fatto che viviamo in regime di “usurocrazia”, non di democrazia.

Si impongono scelte strategiche, cioè semplici: meglio avere in tasca il doppio o la metà? Oggi la banca centrale ci presta denaro, caricandone il costo del 200%. Denaro che in realtà è nostro, e ci viene espropriato: la banca centrale non dovrebbe prestarcelo, ce lo dovrebbe accreditare. E quando il costo del denaro prestato è del 200%, la puntualità nei pagamenti è impossibile. Ecco perché la maggior parte dei suicidi da usura non avviene per la piccola usura di bottega, ma per il fisco: la gente è costretta a vendere i propri beni per pagare le tasse. Tasse che, prima di tutto, ripagano gli azionisti della banca centrale. Dal 1910, con la fondazione della Banca d’Italia, abbiamo sopportato la prassi di una banca che emette prestando. Con la Bce bisogna cambiare le regole del gioco: nelle nostre case deve tornare la serenità. Altrimenti, rischiamo di portare le nuove generazioni di fronte alla scelta tra il suicidio e la disperazione.

(Giacinto Auriti, estratti delle dichiarazioni rilasciate a “Saus Tv” l’11 aprile del lontano 2001, alla vigilia della storica introduzione dell’euro. Economista e docente universitario, Auriti denunciò il ruolo delle banche centrali, che ricaverebbero profitti indebiti dal signoraggio sulla cartamoneta dando origine in tal modo al debito pubblico).

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