Se
tutti i giorni i Merkel, Monti, Barroso, Draghi scendono in campo per
rassicurarci che “l’euro è irreversibile” (non un Grillo qualsiasi che dopo
aver lungamente sbraitato contro la moneta unica ora si professa sincero
europeista), vuol dire che stiamo assistendo a un rito scaramantico per
allungare il più possibile la vita del moribondo. Tutti gli indicatori
dell’economia reale attestano in modo inequivocabile che giorno dopo giorno
siamo prossimi al funerale. Dell’euro? Dei padroni dell’euro? No, il nostro
funerale! La recessione sempre più profonda, l’indebitamento pubblico che
cresce, il Pil che si riduce, la produzione, le esportazioni e i consumi in
calo, le tasse più alte al mondo e nella storia, le imprese strangolate che
chiudono, i disoccupati e i poveri che aumentano, i giovani senza prospettive,
i figli che non si fanno più, la democrazia svuotata di contenuti, i partiti e
il parlamento che si sono auto-commissariati svendendo l’Italia alla triplice
dittatura finanziaria, relativista e mediatica, gli italiani sempre più
ingannati, traditi, rassegnati, frustrati, disorientati.
Ebbene
come è possibile che, da un lato, la crisi è colpa dell’euro e, dall’altro,
siamo noi italiani, noi europei, a pagarne le tragiche conseguenze? La risposta
è nella recente dichiarazione del governatore della Bce (Banca Centrale
Europea) Draghi al quotidiano francese Le Monde: “Il nostro mandato non è di
risolvere i problemi finanziari degli Stati, ma di garantire la stabilità dei
prezzi e mantenere la stabilità del sistema finanziario in tutta indipendenza”.
Ma come: la Bce, insieme al Fmi (Fondo Monetario Internazionale) e alla
Commissione Europea, la celeberrima e temutissima troika, dopo aver imposto fin
nei minimi dettagli condizioni spietatissime agli Stati per poter accedere al
credito finalizzato al ripianamento del debito pubblico, ora ci dice che si
lava le mani dei problemi degli Stati? Ma come: se questi problemi sono
essenzialmente legati alla carenza di liquidità monetaria e l’unica istituzione
titolata ad emettere l’euro è la Bce che si rifiuta di farlo? Ma come: quando
le banche e le società quotate in borsa crollano si pretende il massiccio
intervento degli Stati con denaro pubblico mentre quando gli Stati sono in
crisi voltate loro le spalle?
Per
capire le ragioni profonde della crisi strutturale della finanza e
dell’economia internazionale, bisogna iniziare dall’a, b, c della scienza
monetaria. La moneta è solo un mezzo di scambio della vera ricchezza che sono
beni e servizi prodotti. Il suo valore è convenzionale e lo conferisce chi lo
accetta non chi la stampa. Il signoraggio è la differenza tra il costo reale e
il valore nominale della moneta. Oggi la Bce stampa la banconota da 100 euro al
costo di 3 centesimi e la vende alle banche commerciali a 100 euro più l’1% di
interesse in cambio di titoli di garanzia. Le banche rivendono la banconota
allo Stato a un tasso superiore in cambio di Buoni del Tesoro che sono titoli
di debito. Lo Stato ripaga questi interessi facendoli gravare sulle tasse
imposte ai cittadini. Quindi tutto il denaro in circolazione è gravato da
interessi percepiti dalle banche e da tasse che gravano sulle nostre spalle. E’
così che noi siamo indebitati dal momento in cui nasciamo, a prescindere da
qualsiasi responsabilità oggettiva! E’ il sistema che di fatto corrisponde ad
una “fabbrica del debito”. Chi è il responsabile? A differenza di quanto si
tenderebbe a pensare, la Bce, al pari della Banca Centrale d’Italia, è
un’istituzione che svolge una funzione pubblica ma è di proprietà privata,
detenuta da banche private, comprese quelle dei Paesi europei che non aderiscono
all’euro. Ha la struttura di una società per azione e gode di autonomia
assoluta dalla politica pur condizionando pesantemente la politica. Questa
“fabbrica del debito” si è arricchita grazie a due nuovi trattati, il Fiscal
Compact o Patto di stabilità, e il Mes o Fondo Salva-Stati, approvati a
larghissima maggioranza il 19 luglio dal nostro parlamento senza né un’adeguata
informazione né la consapevolezza da parte degli italiani che ci siamo ormai
auto-condannati ad essere indebitati a vita. Di fatto ci siamo impegnati, al
fine di dimezzare il debito pubblico per portarlo al 60% del Pil, a ridurre i
costi dello Stato di 45 miliardi di euro all’anno per i prossimi 20 anni, ciò
che si tradurrà in nuove tasse e ulteriori tagli alla spesa pubblica; mentre per
creare il Fondo Salva-Stati, l’Italia si è accollata la quota di 125 miliardi
di euro, che non abbiamo. Qualora non dovessimo rispettare gli impegni sulle
condizioni del pareggio di bilancio che abbiamo inserito nella Costituzione,
anche in questo caso tra la distrazione generale degli italiani, scatterà in
automatico una sanzione pari all’1% del Pil, 15 miliardi di euro.
Nasciamo
indebitati perché la moneta non la emette lo Stato ma una banca privata e
abbiamo sottoscritto degli accordi con istitituzioni sovranazionali le cui
sentenze sono inappellabili, che ci impegnano a indebitarci ulteriormente per
ripianare il debito! Va da sé che d’ora in poi lavoreremo sempre di più e
vivremo sempre peggio per pagare i debiti. Scordiamoci i soldi per favorire lo sviluppo,
per sostenere la famiglia, per dare speranza ai giovani. Anche
antropologicamente muteremo trasformandoci in un tubo digerente: ci limiteremo
a produrre per consumare beni materiali, non ci saranno né risorse né tempo per
occuparci della dimensione spirituale che ci eleva al rango di persona
depositaria di valori non negoziabili alla vita, alla dignità e alla libertà.
Siamo ad un bivio epocale: salvare l’euro per morire noi come persona, oppure
riscattare la sovranità monetaria per salvaguardare la nostra umanità. Ecco
perché solo una nuova valuta nazionale emessa direttamente dallo Stato, che ci
affranchi dalla schiavitù del signoraggio e scardini dalle fondamenta la
“fabbrica del debito”, emessa a parità di cambio con l’euro per prevenire fenomeni
speculativi e inflazionistici, potrà darci la libertà di essere pienamente noi
stessi nella nostra Italia che ha tutti i requisiti di credibilità e solidità
per andare avanti a testa alta e con la schiena dritta.
di
Magdi Cristiano Allam.
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