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sabato 21 luglio 2012

Il pensiero di destra alla ricerca di una nuova casa.



Sarà stato per il luogo, il millenario monastero camaldolese di Valledacqua, sperso sugli Appennini piceni. Sarà stato per l'atmosfera, a metà fra la concentrazione della clausura e l'attesa del conclave. Ma non sono mancati i buoni propositi e gli entusiasmi fra coloro che domenica hanno raccolto l'invito di Renato Besana e Marcello Veneziani a «tornare a Itaca».

Un richiamo a un «rientro in patria» diretto a tutti gli intellettuali di centro-destra (ma per lo più ultimi epigoni di area Msi-An) che si ritengono apolidi della politica e vittime della frantumazione del progetto del Pdl. Sessanta fra pensatori e giornalisti (fra cui molti nomi noti nel panorama culturale, come Gennaro Sangiuliano, Adolfo Morganti, Sandro Giovannini, Fabio Torriero, oltre alle adesioni di Pietrangelo Buttafuoco e Gianfranco de Turris), partendo dall'assunto di conclusione di un ciclo ventennale che ha visto il dibattito nazionale avvitarsi fra berlusconiani e antiberlusconiani, si sono confrontati sui modi da adottare per affrontare la sfida del futuro. Alla ricerca di un'area di rappresentanza comune che riunisca precedenti esperienze ora disperse.

Gli autoconvocati di Valledacqua hanno individuato nel ristabilimento della supremazia della politica sull'economia e sui tecnici (il presidente Monti a più riprese è stato indicato come «rappresentante di un governo d'occupazione») ma anche nella sua salvaguardia dai politicanti («causa della disaffezione dei cittadini dalla vita civile») i cardini di ogni possibile iniziativa futura. Già perché il lavoro avviato a Valledacqua non vuole limitarsi a essere un'esperienza culturale ma un'officina prepolitica ove costruire una proposta «alternativa - come detto da Renato Besana - alla sovietizzazione dell'economia mondialista». Con poca nostalgia verso il passato, ma ancora con tratti «volutamente semiclandestini», i naviganti verso Itaca si definiscono «maieuti», pronti a confrontarsi coi politici attraverso la costituzione di un movimento. Ma senza compromessi, anzi riaffermando i principi patrimonio della destra italiana: il valore dell'identità greco-romano-cristiana della nostra civiltà e il patriottismo della tradizione più che della Costituzione del 1948.

Non tutti fra i presenti però si sono trovati d'accordo. Pasquale Squitieri, infastidito da un intervento circa la necessità di proporre in politica volti nuovi, lascia la sala. E non tutti hanno risposto all'appello. Si è sfilato, fra gli altri, anche Franco Cardini, con una struggente riflessione che mescola Itaca a Troia, la vittoria di Lepanto alla sconfitta dell'Invicibile Armada, Ulisse («l'eroe fraudolento») a Ettore («nobile domatore di cavalli»), in nome di un passato ideale che non può più tornare e di un futuro da costruire partendo da esperienze del tutto personali. Ma l'impolitica disillusione dell'illustre medievista non sembra contagiare gli intellettuali di Valledacqua che si affacciano all'agone. Resta ora da verificare in che modo questo progetto si misurerà con le emergenze materiali dell'Italia e degli Italiani, senza naufragare fra concetti e richiami mitico-storici. Come rimane tutta da costruire una piattaforma che possa tenere insieme un mondo così composito e, per sua intrinseca natura, tendente al particolarismo e all'autoreferenzialità. Un progetto che possa riconquistare una fetta degli astensionisti e fornire nuove motivazioni ai giovani. Ma su tutto si staglia l'ombra del Cavaliere che si sta riaffacciando sulla scena. E gli intellettuali di Valledacqua non potranno non tenerne conto.

di Gianluca Montinaro.

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