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martedì 10 luglio 2012

Fiscal compact, lo spettro di una nuova dittatura europea?



Cos’è, cosa prevede, come modificherà la nostra esistenza il trattato di stabilità tanto caro alla Merkel. Tutte le difficoltà che i Piigs incontreranno nel sottostare a questo patto e come uscirne. L’atto internazionale entrerà in vigore dal 1 gennaio 2013 se almeno 12 dei 25 paesi che lo hanno sottoscritto lo ratificheranno. A  breve il Parlamento italiano srà chiamato alla ratifica
di Francesco Filini


ROMA Oltre a quello che istituirà il Meccanismo Europeo di Stabilità (dei mercati finanziari a discapito dei popoli, aggiungiamo noi), il Parlamento italiano sarà presto chiamato alla ratifica di un altro trattato europeo di cui – a differenza dell’ESM – si sente spesso parlare nei mezzi d’informazione canonici, anche se in maniera superficiale e soprattutto confusa: stiamo parlando del famigerato Fiscal Compact tanto caro alla Merkel, che da qualche mese a questa parte non fa altro che ripetere, come fosse un disco rotto, ai paesi “P.I.I.G.S.” quella parolina che riassume perfettamente il significato del nuovo trattato: rigore!

L’ABC DEL FISCAL COMPACT – Ma cos’è questo Fiscal Compact? Cosa prevede? Come modificherà la nostra esistenza? Prima di rispondere a queste domande c’è da ribadire ancora una volta che tutte queste misure urgenti che la tecnofinanza europea sta imponendo agli stati membri servono a garantire la stabilità dell’euro, ovvero della moneta che rappresenta la nuova ideologia, la nuova religione del terzo millennio: un dogma che non può essere messo in discussione, anche se sta distruggendo l’Europa dei popoli. Il Fiscal Compact, anche conosciuto come Patto di bilancio o Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria, è un atto internazionale che entrerà in vigore dal 1 Gennaio 2013 se almeno 12 dei 25 paesi che l’hanno sottoscritto l’avranno ratificato tramite i rispettivi parlamenti. Attualmente sono 9 i paesi che già hanno votato la ratifica del trattato: Danimarca, Grecia, Irlanda, Lettonia, Polonia, Portogallo, Romania, Slovenia, Svezia. Mancano all’appello – tra gli altri – Francia, Germania e Italia.

UN FUTURO DI MANOVRE LACRIME E SANGUE – In soldoni, il Fiscal Compact prevede che i paesi aderenti riducano il proprio debito pubblico portandolo al 60% del PIL e che il rapporto deficit/PIL rimanga sotto il 3% annuo, in caso contrario partiranno delle sanzioni nei confronti dei paesi che non rispetteranno i vincoli fiscali. L’Italia ha un debito pubblico che, grazie alle manovre di Mr. Monti e dei suoi degni compari, ha superato abbondantemente la soglia del 120% rispetto a quanto la nazione produce. Per arrivare ai parametri imposti dalla Germania nel Fiscal Compact saremo costretti a tagliare il nostro rapporto debito/PIL del 3% ogni anno per 20 anni. Come si fa a ridurre il deficit? Semplice, basta tagliare e nello stesso tempo imporre manovre aggiuntive di oltre 40 miliardi l’anno, ovvero mettere nuove tasse e al tempo stesso mettersi a produrre per favorire la crescita. Ecco come cambierà la nostra vita il nuovo trattato: nuove lacrime e sangue.

MISSIONE IMPOSSIBILE – C’è però un “piccolo” problema a cui si sfugge, lo stesso problema che un tale Arthur Laffer spiegò a un tale Ronald Reagan all’inizio del suo mandato nel 1980: se togli i soldi ai cittadini con una tassazione eccessiva, questi non avranno fisicamente la liquidità per gli investimenti e di conseguenza, lavorando di meno, contribuiranno di meno. Questo semplice principio economico viene spiegato in tutte le università del mondo a tutti gli studenti di economia ed è conosciuto come “curva di Laffer”. Quindi è facile pensare che i vincoli di bilancio non consentiranno alcuna crescita e che di conseguenza sarà impossibile ridurre il rapporto debito/PIL. Se ci si aggiunge che con l’entrata in vigore dell’ESM dovremo indebitarci per versare i 125 miliardi che poi l’Esm ci ripresterà imponendoci le misure di politica economica, gli obiettivi che “Angelona” vuol farci raggiungere sono matematicamente impossibili. E questo i tecnici lo sanno benissimo. Mr. “Goldman” Mario Monti e la pletora di professori e banchieri al suo seguito, conoscono bene la curva di Laffer, probabilmente l’avranno insegnata a migliaia di studenti. Solo un folle può pensare che l’attuale Presidente del Consiglio non sia consapevole di tutto ciò. Con tasse e recessione come sarà possibile garantire la puntualità dei pagamenti? Tranquilli, l’Italia è un paese ricco di risorse: basta svenderle e siamo a posto. Fanno gola alla finanza internazionale le italiane Eni, Enel, Finmeccanica, Poste etc.., presto ce le toglieranno insieme a tutte le municipalizzate: la distorsione neoliberista del capitalismo mondiale ha assunto, nell’Europa in mano ai banchieri, i tratti di un neocolonialismo di stampo tedesco.

UNA SOLUZIONE? LA SVENDITA – La paura è che la svendita dei nostri beni non sia sufficiente a placare la cupidigia della “lupa finanziaria” che, per dirla con le parole del Sommo poeta “ha natura sì malvagia e ria, che mai non empie la bramosa voglia, e dopo ‘l pasto ha più fame che pria.“ I nuovi trattati internazionali sono destinati a cancellare lo Stato sociale, alla privatizzazione di ogni servizio, allo stradominio delle èlite finanziarie e bancarie sui popoli. Se ci si aggiunge che gli organismi che prenderanno le decisioni saranno sempre più avulsi da qualsiasi tipo di controllo e che i vertici saranno sempre più emanazione diretta della finanza internazionale, la dittatura è l’unico futuro che è possibile intravedere all’orizzonte.

I trattati ESM e Fiscal Compact devono ancora essere ratificati, la politica è commissariata ed è sotto il ricatto dello spread, di speranze ce ne sono davvero poche. Abbiamo comunque il dovere morale di informare più persone possibili, iniziando dai deputati e dai giornalisti: la nostra libertà è a rischio insieme alla nostra cultura e alla nostra civiltà. Che i nostri padri ci perdonino se rimaniamo inerti di fronte un simile scenario, perché i nostri figli non lo faranno.


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