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mercoledì 25 novembre 2009

Io, disegnata con odio.





Passeggiare un giorno tra gli scaffali di una libreria di Roma, sfogliare un libro di fumetti, scoprirsi ritratta nuda e deforme tra topi, feci e liquidi seminali, mentre si fa sesso con individui mostruosi e si pronunciano parole di una volgarità persino violenta: è una curiosa sensazione che inevitabilmente porta a confrontarsi con se stessi, con le ragioni del proprio impegno civile, prima ancora che con l’altro da sé. Non solo, è una esperienza che conduce a una riflessione profonda su quella ferocia ideologica che si riteneva scomparsa diversi anni or sono. La mia impressione è che purtroppo non sia più così. Abbiamo lavorato tutti duramente, a destra come a sinistra, per tenere fuori dal nostro quotidiano un furore che rischiava di colpire le persone piuttosto che le loro idee. E abbiamo ottenuto dei risultati importanti che sarebbe sbagliato sottovalutare. Personalmente, considero tra le pagine più belle del mio impegno civile tutte le occasioni in cui la legittimazione dell’altro si è compiuta visivamente. Negli occhi dei ragazzi che ascoltavano con curiosità le mie parole alla festa dell’Unità come nelle mani dei ragazzi di Azione giovani che plaudivano timidamente alle parole di fausto Bertinotti intervenuto ad Atreju. Chi pensa che in tali momenti la politica abbia fatto un passo indietro rispetto alla propria vocazione ideologica si sbaglia. La politica, quella con la P maiuscola, combatte la guerra delle idee, non quella delle persone. Solo chi considera persa la battaglia delle idee sceglie di truccare la storia accanendosi vigliaccamente sulle persone, sulla loro dignità, sul loro sesso o sulla loro razza.
Oggi quest’ultima scelta ha ripreso vita nei bassifondi della nostra società: quando una casa editrice senza scrupoli decide di farci sopra un po’ di soldi o quando scopriamo dai tg che certi fantasmi del passato sono più vivi che mai, e magari hanno anche la pretesa di farla franca senza scontare il loro debito con la giustizia, come nel caso di Cesare Battisti. Sono fantasmi che fanno paura, soprattutto a chi li incontra di persona.
Ma ciò che dovrebbe terrorizzare tutti è il furore diffuso che precede sempre la violenza di alcuni. Si tratta del brodo di coltura formatosi in un’area a sinistra della nazione in cui prosperano i batteri dell’odio puro. Stranamente, questa volta, le responsabilità della classe politica sono poche o comunque circoscritte. L’ho scoperto anche grazie alla solidarietà non fasulla che mi si è riversata addosso dopo la pubblicazione del libro di cui sopra. Chi davvero ci mette del proprio peggio è un certo giornalismo che senza remore scaglia le menti dei suoi lettori o dei sui telespettatori contro un nemico privato della sua umanità; è una certa cultura intellettuale che giustifica anche la violenza più volgare con la libertà di satira o di opinione; è una sottocultura estremista che striscia tra le maglie di internet lasciandosi dietro una bava filante di vile crudeltà.
In fin dei conti, passeggiare quel giorno tra gli scaffali di una libreria romana è stato utile. E’ servito a ricordare a me stessa le ragioni del mio impegno.

di Giorgia Meloni – da Panorama 26 Novembre 2009 n. 48

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