Marcello Veneziani |
Marcello Veneziani propone sul “ Il giornale” di venerdì 20 gennaio un’ analisi sulla genesi della destra italiana. Sotto il profilo culturale e nel declinare il percorso della destra non si puo’ che condividere questa riflessione . Il sogno di Almirante si è avverato: la destra è confluita in un grande movimento politico popolare. Tuttavia va anche rilevato come la sua spinta riformista si sia appannata e disciolta all’interno di un PdL che ha sviluppato la propria azione parlamentare e di governo con una prassi politica tipica della Democrazia Cristiana.
Stesso discorso vale anche per Forza Italia che all’interno del PdL ha smarrito la propria natura di portatrice di novità attraverso una forma partito del tutto originale nella storia politica italiana. Alleanza Nazionale sotto la guida di Fini non superò mai il 12%. Il motivo è duplice: il primo è legato ad una sorta di appagamento dopo l’esclusione degli anni dell’ arco costituzionale, il secondo dalla pigrizia di un leader che come unico obiettivo ha avuto il solo interesse di accreditare se stesso per raggiungere il più alto livello istituzionale. AN avrebbe potuto avere percentuali più ampie di consenso perché non solo le condizioni socio-economiche e politiche erano più favorevoli, ma perché portava con sé l’obiettivo di dar vita ad una grande riforma costituzionale in chiave Presidenzialista. Finì tutto con Fini. Forza Italia, non era solo il partito del leader, ma ha rappresentato in modo innovativo un destra con caratteristiche popolari accusate anche di populismo. Una destra che in realtà era perfettamente in sintonia con le esigenze e le aspettative della maggioranza degli Italiani. Con l’utilizzo dei termini moderati e liberali, Berlusconi è riuscito a portare a sé i consensi di tutta l’area politica alternativa alla sinistra. Berlusconi in modo leaderistico ha incarnato il progetto che buona parte dei missini voleva raggiungere. Quindi da una parte AN, una destra per la riforma delle istituzioni che portava con sé valori antichi e proposte future, dall’ altra Forza Italia, una destra che era perfettamente in sintonia con il paese. La nascita del Popolo della Libertà doveva dar vita ad un senso più compito degli aspetti culturali e politici di queste due anime. Cosa è successo? Cosa sta accadendo adesso ? Cosa dobbiamo fare?
Dal 1994 ad oggi le istanze portate avanti prima da FI e da AN e poi dal Popolo della Libertà non sono riuscite a riformare l’Italia, dando così finalmente vita ad una seconda repubblica mai nata. Nonostante oltre dieci anni di governo. Il ruolo determinante in senso conservativo delle nomenclature sopravissute a tangentopoli, in buona parte terze e quarte linee dei vecchi partiti, non hanno consentito in modo scientifico che si chiudesse definitivamente quella stagione politica tutelando così la propria sopravvivenza in ruoli di potere. Nessuna riforma strategica e modalità clientelari e parassitarie di carattere personale elevate a sistema e clonate da Roma in tutte le province d’Italia. La nascita del PdL avrebbe dovuto superare tutto questo. Non è avvenuto. La politica , come la natura, presto o tardi presenta il suo conto. Le contraddizioni tra i programmi e le realizzazioni tra un partito nato come riformista e gestito in modo conservativo e clientelare hanno provocato l’implosione del PdL che per la prima volta nella storia della repubblica italiana ha visto cadere il proprio governo senza la sua sfiducia parlamentare. Di fronte al governo Monti, che di fatto smentisce tutti gli impegni programmatici elettorali del PdL, in questo partito si è evidenziata clamorosamente l’esistenza di due anime: quella quiescente con il governo Monti per speranze di sopravvivenza individuale e quella genuinamete riformista pronta alla battaglia politica ed eventualmente all’opposizione parlamentare in difesa delle proprie idee e della delega elettorale ricevuta dagli italiani. Per questo caro Veneziani , pur riconoscendo il valore primario dell’elaborazione culturale, oggi la battaglia avviene nel partito che ha raccolto l’elettorato di centrodestra, cioè nel PdL e sul territorio. Una battaglia combattuta su temi concreti e per la selezione di un gruppo dirigente che sappia veramente rappresentare e meritare la delega elettorale dei cittadini che si riconoscono ancora oggi , nonostante i fallimenti, nella proposta politica nata nel 1994. Proposta ancora attuale in quanto mai stata realizzata. Oggi, purtroppo il PdL si trova imprigionato da un gruppo dirigente di nominati poco legati al territorio ed ai suoi problemi naturalmente dedicati alla tutela delle proprie carriere personali. Inevitabilmente per questo sottoposti a condizionamenti e ricatti di un mondo finanziario e tecnocratico che bene si avvantaggia dall’assenza di una politica riformista. Oggi gli intrusi nel PdL non sono i riformisti, ma chi in nome di un nostalgico centro tecnocratico ha la pretesa di governare le scelte del partito e di non consentire la vera svolta riformista creando così le cause vere del declino del nostro paese. Quindi il rilancio efficace della destra nasce dalla sintesi dell’elaborazione culturale con la pratica quotidiana della battaglia politica. Anche se fosse appare non più attuale e forse limitata una definizione semplice di destra. Concetto sul quale sarebbe necessario un profondo confronto ed un’attenta riflessione di non ignorare realtà sociali e culturale dar vita una forza politica che faccia le riforme conducendo così l’Italia fuori dalla crisi e dentro la Seconda Repubblica ed il ventunesimo secolo. Il nemico non è oggi una sinistra senza scopo e senza programmi. Il vero nemico è una burocrazia finanziaria e tecnocratica che trova pedine anche all’interno del PdL. Devono andarsene.
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