Salviamo i nostri Marò

Salviamo i nostri Marò
I nostri due militari devono tornare a casa

Siamo contro ogni genere di Discarica nel nostro Territorio!

venerdì 6 gennaio 2012

Noi ci saremo!

Fonte: Giovane Italia - Garbatella.


Questo articolo è dedicato a tutti coloro che, a distanza da più di trent’anni dall’accaduto, ancora oggi vogliono provare ad insabbiare ciò che a loro ha sempre dato fastidio: la verità.

Questo articolo è una sconfitta per chi in quegli anni e ancora oggi, gridava e grida, credeva e crede che quei ragazzi morti ammazzati non siano degni di essere ricordati, soltanto perché rei di voler rendere migliore questa Terra che sentivano come propria Patria.

Questo articolo è un calcio nel sedere a chi crede, ancora nel 2011, che esistano morti di serie a e serie b e che fomenta, attraverso l’odio, un ritorno agli anni di piombo, che non vorremmo mai più rivedere.

Questo articolo è dedicato altresì a coloro i quali, ancora oggi, attendono, da più di trent’anni, che giustizia sia fatta.

Per sempre.

Poi la sera di Gennaio, resta fissa nei pensieri, troppo sangue, sparso sopra i marciapiedi…”

Con questa canzone “Generazione 78” , Francesco Mancinelli ricorda il momento della Strage di Acca Larentia del 7 gennaio 1978, passato alla storia come uno dei momenti più atroci degli anni di piombo,  in cui furono uccisi tre giovani attivisti del Fronte della Gioventù. Siamo negli anni in cui “Uccidere un fascista non è un reato” e sotto questo punto di vista, probabilmente l’unico, si dimostrano purtroppo coerenti: a farne le spese, sono quasi sempre ragazzi, poco più che ventenni in alcuni casi, poco meno, purtroppo, in altri, colpevoli di far politica “dalla parte sbagliata”. Siamo nell’anno in cui, a farne le spese non solo soltanto i nostri giovani, ma anche alte cariche dello Stato: Aldo Moro fu sequestrato ed ucciso dai brigatisti nel Maggio dello stesso anno. Per arrivare a colpire così in alto, i leoni delle BR, si allenavano su quei ragazzi, che non consideravano soltanto avversari politici, ma nemici da eliminare. I leoni, quella sera di Gennaio, si presentarono in 6 ed armati: non di bastoni e caschi, ma di armi automatiche, arrivati lì non per far male, ma per uccidere. Ragazzi, disarmati, che erano a conoscenza di quel clima, ma che mai si sarebbero aspettati tale atrocità. Appena usciti dalla sezione del FDG di Via Acca Larenzia (nel popolare quartiere Tuscolano) per andare a fare un volantinaggio, i cinque giovani militanti, furono investiti dai colpi di diverse armi automatiche (mitragliatrici Skorpion) sparati da un gruppo di fuoco di 6 persone: uno di loro, Franco Bigonzetti, ventenne iscritto al primo anno di medicina e chirurgia, fu ucciso sul colpo; Vincenzo Segneri, seppur ferito ad un braccio, riuscì a rientrare nella sede del partito, dotata di porta blindata, assieme ad altri due: Maurizio Lupini e Giuseppe D’Audino, rimasti illesi.

L’ultimo del gruppo, Francesco Ciavatta, studente diciottenne, pur essendo ferito, tentò di fuggire attraversando la scalinata situata al lato dell’ingresso della sezione ma, seguito dagli aggressori, fu colpito nuovamente alla schiena morendo in ambulanza durante il trasporto in ospedale. Soltanto i vili attaccano alle spalle.

Nelle ore seguenti, col diffondersi della notizia dell’agguato, una sgomenta folla, composta soprattutto da attivisti missini romani, si radunò sul luogo.

“Uccidere un fascista non è un reato”, con le parole e con i fatti. Un giornalista della RAI spegne una cicca nel sangue di uno dei ragazzi uccisi, scoppiano tafferugli: il sangue di un fratello non può essere calpestato.

Per far fronte ai tafferugli creatisi, il capitano dei Carabinieri Edoardo Sivori tirò fuori la pistola d’ordinanza, mirò ad altezza uomo, ma s’inceppò: prese quella del collega, mirò nuovamente ad altezza uomo e sparò, centrando in piena fronte il diciannovenne Stefano Recchioni, militante della sezione di Colle Oppio. Il giovane morì dopo due giorni di agonia.

Alcuni mesi dopo l’accaduto, il padre di Ciavatta, portiere di uno stabile in Via Deruta 19, si suicidò per la disperazione bevendo una bottiglia di acido muriatico.

Il raid fu rivendicato alcuni giorni dopo tramite una cassetta audio, fatta ritrovare accanto ad una pompa di benzina, in cui la voce contraffatta di un giovane, a nome dei Nuclei Armati di Contropotere territoriale, dichiarò:

« Un nucleo armato, dopo un’accurata opera di controinformazione e controllo alla fogna di via Acca Larenzia, ha colpito i topi neri nell’esatto momento in cui questi stavano uscendo per compiere l’ennesima azione squadristica. Non si illudano i camerati, la lista è ancora lunga. »

Per circa 10 anni, tra insabbiamenti e falsificazioni, le indagini non portarono a conclusioni: solo nel 1988 si scoprì che la mitraglietta Skorpion usata nell’azione fu la stessa usata in altri tre omicidi firmati dalle Brigate rosse, ossia quelli dell’economista Ezio Tarantelli, dell’ex sindaco di Firenze Lando Conti e del senatore Roberto Ruffilli.

Furono accusati degli ex militanti di Lotta Continua: Mario Scrocca, Fulvio Turrini, Cesare Cavallari, Francesco de Martiis e Daniela Dolce.

Quest’ultima riuscì a non farsi catturare, rimanendo latitante, mentre Scrocca fu arrestato e si tolse la vita in cella il giorno dopo essere stato interrogato dai giudici.

Gli altri tre imputati, pur essendo arrestati, furono assolti in primo grado per insufficienza di prove.

L’arma impiegata nel 1978 scomparve negli anni in cui più forte fu l’attività dei brigatisti, ricomparendo a metà degli anni ottanta, nel periodo delle BR di Senzani, e più precisamente sette anni dopo, per venire poi usata anche per uccidere Lando Conti (10 febbraio 1986) e Ruffilli (16 aprile 1988).

Quella maledetta sera di Gennaio, non avrebbe terminato lì la sua maledizione. Il 10 gennaio 1979, infatti, scoppiarono di nuovo dei tumulti nel quartiere di Centocelle durante i quali l’agente di polizia in borghese Alessio Speranza sparò al diciassettenne Alberto Giaquinto, uccidendolo: successivamente l’agente fu prosciolto dall’accusa di omicidio.

Si parla di ragazzi, ragazzini, morti ammazzati da un odio che non DEVE tornare, MAI PIU’. E a chi vuoleristabilire quel clima, noi rispondiamo che non ci saremo, perchè abbiamo imparato dalla storia.

Allora, imparassero anche loro dalla storia, studiassero un po’ di più quelli dell’ANPI, si sciacquassero la bocca dai denti d’oro.

Imparassero il rispetto per chi, storicamente, non ha mai attaccato alle spalle.

Non sappiamo quale strada avessero scelto ai nostri giorni quei ragazzi, ma la loro scelta di coraggio nel voler cambiare questo mondo, la loro spinta ideale nel non vedere più la nostra terra dormiente, assopita e schiava di altre superpotenze, non possono non essere ricordate a dovere.

Per chi volesse, noi saremo a ricordare quei ragazzi il 7 Gennaio 2012 alle 17.30 a Villa Glori, gridando a tutto il mondo che quel sogno di un’Italia migliore noi non ce lo siamo scordati.

 PRESENTE!


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