La costruzione dell'Europa, avvenuta tramite infiniti processi di integrazione, non pone elementi di certezza tra le relazioni fra i diversi Paesi interessati. Nell'immediato dopoguerra, la geografia era la stessa, ma la geopolitica era molto diversa. In pochi, tra pensatori, politici e cosiddetti statisti, immaginavano uno scenario che riuscisse ad archiviare il Patto Atlantico e quello di Varsavia.
I trattati di Roma erano molto lontani, l'Europa era una terra disperata più che una prospettiva di speranza e nessuno avrebbe mai pensato all'Erasmus, al mercato comune, addirittura alla moneta (purtroppo?), ai piani di finanziamento regionali, figuriamoci se poco più di venti anni fa qualcuno potesse pensare che un ragazzo di Berlino potesse addirittura decidere di andare a lavorare a Parigi senza il passaporto.
Certo, le criticità erano e sono evidenti: il dibattito sulle radici cristiane nella Costituzione europea appare infinito, il demos europeo un'utopia da biblioteca, però almeno sono problemi che animano il dibattito della regione europea, sia perchè tutti le nazioni sarebbero troppo piccole per navigare in mezzo ai nuovi scenari politici ed economici (tra il Brics che emerge e l'America che decresce), sia perchè bisogna rintracciare ancora il ruolo universale dell'Europa.
Però l'Europa ha bisogno del disegno comune, soprattutto in politica estera, come dimostra la strategia invisibile relativa alle primavere arabe, che tra social network, loschi interessi pilotati e interessi nazionali tutelati a discapito di quelli di altre potenze, hanno impedito all'Italia di essere la (famosa) piattaforma logistica del Mediterraneo perchè costretta ad esercitare un ruolo di scivolo di interessi nazionali franco-tedeschi.
Quest'occasione persa, ha determinato due sconfitte: l'impossibilità di consentire al Sud Italia di diventare attrattiva culturale, politica e commerciale dei paesi post primavere, permettendo quindi all'Italia di superare il dualismo territoriale Nord/ Sud e di essere più competitivi in Europa e ai paesi nord africani in difficoltà di essere accompagnati alla strutturazione di un modello di sviluppo che, tramite una cooperazione onesta, avrebbe consentito a queste terre un percorso di ripresa economica non per forza connessa all'occidentalizzazione delle strutture politiche.
Capitalismo e democrazia non sono complemtari per definizione, anche se in realtà spesso si accoppiano. La sconfitta umana va oltre il modello di sviluppo del Maghreb e la mancata occasione di ripresa del Sud Italia: quello che è davvero mancato è stata la capacità di far nascere una generazione euromediterranea, che avrebbe davvero consentito di trasformare il Mediterraneo nel mare d'insieme, perchè Mediterraneo vuol dire letteralmente "media tra le terre ed il mare".
I rapporti politici tra le due aree e la vicinanza geografica e territoriale, separata solo da una inifinita distesa d'acqua, che, però, è il luogo della mediazione, della sintesi può determinare le condizioni per iniziare un confronto culturale con le giovani generazione che hanno animato (o che sono state costrette ad animarle) le primavere arabe.
La generazione euromed (termine presuntuosamente coniato) esisterà, perchè aumenteranno i programmi di cooperazione europea verso quell'area, perchè le università inizieranno a dialogare tra loro, perchè dopo la prima fase quelle terre torneranno ad essere mete estive ambite, perchè troppe imprese investiranno (basti vedere a quanto ammontavano i rapporti commerciali tra l'italia e questi Paesi prima del 2011).
di Gianfranco Manco.
Fonte: La Testata.
Nessun commento:
Posta un commento