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martedì 26 giugno 2012

Implosione Pdl: non ci sono idee.



Pdl, una vera e propria implosione: neppure il più pessimista degli analisti politici avrebbe potuto immaginarla tanto devastante e tanto repentina. Nella mente e nel cuore di Berlusconi il partito era già morto da tempo. Gli irriducibili hanno coltivato qualche illusione circa la sua sopravvivenza fino a pochi giorni fa finendo per arrendersi all’evidenza dopo le discutibili uscite del leader sulla crisi, sulle elezioni anticipate, sulla fine dell’euro e sul ritorno alla lira. Ma sono stati soprattutto gli spericolati movimenti promossi dal Cavaliere all’interno del Pdl (primarie, annunci di “sorprese” che non hanno sorpreso nessuno, ammiccamenti al grillismo e ad indefinite liste civiche o di genere) a mettere tutti di fronte al fatto compiuto: l’eutanasia del soggetto nato su un predellino nel novembre 2007 e compiutamente formatosi nel marzo 2009 con un congresso che assomigliava più ad una convention aziendale che ad una assise politica.

È singolare che ancora oggi, quando nessuno più realisticamente immagina una rimonta che dopo la scissione promossa da Fini nell’estate 2010 sembrava alla portata, non ci sia un solo dirigente che s’interroghi sulle ragioni di una dissoluzione avvenuta in tempi tanto rapidi da sorprendere perfino coloro che pure avevano pronosticato un percorso accidentato alla formazione politica nata da una “fusione a freddo” o, come disse qualcuno all’epoca, da una fusione per incorporazione concretizzatasi nella fagocitazione di Alleanza nazionale da parte di Forza Italia secondo uno schema notarile e commerciale a dir poco inusitato nella formazione di aggregazioni politiche.

Ed è ancora più singolare che nessuno si chieda come mai il partito in soli quattro anni sia precipitato dal trionfale 37,8% conseguito alle politiche a poco più del 15%. Con stupore assistiamo a tragicomiche ipotesi di sopravvivenza avanzate da quegli stessi che non si sono accorti che ciò che è mancato al Pdl sono state le idee, una cultura politica nuova, un’identità: tutta roba che non s’acquista ai banchi degli illusionisti che fondano le loro ragioni sul malessere senza offrire ricette adeguate a crisi epocali come quelle che stiamo vivendo da almeno un ventennio. Al Pdl per diventare il fulcro di una mobilitazione di massa tesa all’innovazione sociale ed alla modernizzazione istituzionale occorreva una visione della politica ed un progetto organico intorno al quale chiamare a raccolta gli italiani dei quali non è riuscito a dotarsi.

Il fallimento dell’esperienza, del resto, non è stato improvviso: era iscritto nella nascita stessa del partito berlusconiano che ha declinato, soprattutto nell’ultima fase, la gestione del potere in chiave personalistica e tutt’altro che carismatica facendo crescere faziosità intestine che lo hanno balcanizzato fino a renderlo ingovernabile. Da qui la delusione stessa del Cavaliere che si è trovato di fronte ad un meccano dalle molte anime e per niente unitario, dominato da interessi contrastanti che non hanno mai trovato il modo di comporsi poiché mancavano di un minimo comun denominatore che li tenesse insieme.

Non si comprende sulla base di quale prospettiva molti pasdaran del Pdl invocano in un contesto tanto lacerato il ritorno alle elezioni a breve scadenza: una pulsione suicida sembra animarli non rendendosi conto che con la vigente legge elettorale ed in virtù della diminuzione dei parlamentari (sempre che la mini-riforma vada in porto) avrebbero una rappresentanza poco più che simbolica nel nuovo Parlamento. Non che le cose cambierebbero a marzo o ad aprile, ma se non altro verrebbero risparmiate al Paese da qui alla prossima primavera convulsioni tali da affossarlo definitivamente.

Un ragionamento semplice diventa complicato quando ognuno gioca una sua partita. Complice il Cavaliere che li ha stimolati a prevedere lo spacchettamento del Pdl (casa buona e giusta e fosse avvenuta ordinatamente e seguendo ragionamenti politici lineari e fondati), i capicorrente si sono inventate opzioni asimmetriche per tentare di salvaguardare se stessi ed i propri sostenitori. Così il Pdl è diventato un contenitore di velleità e di risentimenti che nessuno più è in grado di arginare. Altro che federazione dei moderati o degli incazzati. Ci mancava la “Rosa tricolore”, un’estrema follia o un’ultima bufala? Comunque la si pensi, può accadere che nel clima di cupio dissolvi si imbastiscano le ipotesi più bizzarre e perfino ridicole, ma che poi tanto ridere non fanno. Me ne viene in mente una. Sembra che Pdl e Lega abbiano ritrovato l’antico feeling sullo scambio tra semipresidenzialismo e Senato federale. Non so se è vero; è comunque plausibile. Ma qualcuno si è chiesto se la forma di governo può essere davvero cambiata con un semplice emendamento e se un ramo del Parlamento può essere definito “federale” posto che la forma di Stato federale non è?

Ecco, quando mancano le idee tutto è possibile. Perfino che la farsa si trasformi in tragedia. Per il Paese, naturalmente.

di Gennaro Malgieri.

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