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domenica 17 giugno 2012

In Ricordo di Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci - Padova 17 Giugno 1974.


Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci
La sede del Movimento Sociale Italiano a Padova, si trovava in via Zabarella al numero civico ventiquattro, in pieno centro città. Alcuni giorni prima della tragedia, un uomo, con false generalità, si era presentato in sede, per chiedere alcune informazione. In realtà si trattava di una visita di ricognizione per portare a termine un’operazione da parte di alcuni terroristi comunisti. L’obiettivo era di dimostrare che le sedi del Movimento Sociale Italiano non erano inviolabili e di prelevare documenti per acquisire informazioni concrete sulla destra veneta e padovana. La mattina del 17 giugno 1974 alle ore nove e trenta, un commando di cinque persone fece irruzione negli uffici del partito di Giorgio Almirante. Il primo uomo, era in macchina pronto per la fuga; il secondo, faceva da palo restando fuori all’edificio; il terzo, si trattò poi di una donna camuffata da una parrucca, attendeva sulle scale dell’edificio e infine gli ultimi due, muniti di pistole con silenziatori, fecero irruzione bloccando due militanti missini, Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola. Sotto la minaccia dei terroristi, i due missini furono prima perquisiti e poi costretti a spostarsi in un’altra stanza. Per niente intimoriti, Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola, tentarono di disarmare i terroristi. Ne scaturì una furibonda colluttazione con l’esplosione di alcuni colpi di pistola. Graziano Giralucci fu colpito alla spalla mentre Giuseppe Mazzola alla gamba destra. Feriti ma vivi, si accasciarono al suolo ormai inermi e freddati con un colpo di pistola alla testa. Graziano Giralucci, ventinove anni, nacque a Villanova di Camposampiero in provincia di Padova il 7 dicembre del 1944, faceva l’agente di commercio per articoli idraulici e sanitari. Ex giocatore di rugby e fondatore di due squadre “Excelsior” e “Cus Padova Rugby”, marito di Bruna Vettorato e padre di una bambina, Silvia, di tre anni. Si iscrisse al Movimento Sociale Italiano da ragazzo in seguito all’invasione dell’Ungheria nel 1956 ed era molto vicino alla corrente di Giorgio Pisanò. Giuseppe Mazzola, invece, sessant’anni, nacque a Telgate in provincia di Bergamo il 21 aprile del 1914 monarchico e Carabiniere in pensione, marito di Giuditta Caccia e padre quattro figli. Si avvicinò al Movimento Sociale Italiano quando Giorgio Almirante diede vita alla Destra Nazionale. Non iscritto al partito, si propose di tenere la contabilità della sede e il disbrigo della posta. Il giorno dei funerali, la città di Padova, era avvolta da un’atmosfera spettrale. Le forze dell’ordine erano pronte ad intervenire per evitare qualunque incidente. In strada non si vedeva anima viva, gli scuri erano abbassati e sui tetti si intravedevano le sagome dei cecchini della Polizia. Anche le disposizioni del Movimento Sociale Italiano furono tassative. Nessun gesto folcloristico o nostalgico era ammesso. Nella cattedrale, in Piazza del Duomo, migliaia di persone e delegazioni da tutto il paese parteciparono commossi alle esequie per dare l’ultimo saluto. Il giorno successivo all’azione terroristica, un volantino fu fatto recapitare a Padova e Milano con una telefonata al Corriere della Sera. Una grande scritta in stampatello maiuscolo “Brigate Rosse” al centro una stella con cinque punte asimmetriche schiacciate. Una rivendicazione chiara, netta, dettagliata e soprattutto firmata, eppure nessuno credeva seriamente alla nascita di una nuova organizzazione criminale. Mentre la Magistratura brancolava nel buio più totale, i giornali di sinistra, quali il Manifesto, l’Avanti e l’Unità, iniziarono una controinformazione, ipotizzando casi più assurdi. Uno per tutti la fantomatica “Pista Nera” che giustificava il duplice omicidio come un regolamento di conti interno al Movimento Sociale Italiano. Per i primi sei anni, l’azione di depistaggio fu considerata attendibile e ottenne grande successo. Solo negli anni ottanta, in seguito ad alcune confessioni di pentiti e indagini più serrate nei confronti delle Brigate Rosse, il procedimento procedurale per l’omicidio di Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola fu riaperto. Susanna Ronconi, la donna con la parrucca, pentita e dissociata dall’organizzazione terroristica, rilasciò un’ampia confessione sui fatti accaduti in via Zabarella. La prima azione violenta avvenne nell’aprile del 1974 con il rapimento del Procuratore Mario Sossi a Genova, ma l’omicidio di Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola fu il battesimo di fuoco effettuato e rivendicato a nome delle Brigate Rosse. Roberto Ognibene e Fabrizio Pelli furono gli esecutori materiali dell’azione, Susanna Ronconi con funzione di retroguardia e recupero documenti, Martino Serafini con funzioni di sentinella esterno all’edificio e Giorgio Semeria con funzione di autista. Nel processo, Fabrizio Pelli, non fu coinvolto in quanto già deceduto in carcere per leucemia nell’agosto del 1979. Oltre ai membri del commando esecutore furono individuati anche i mandanti dei vertici dell’organizzazione come Renato Curcio, Mario Moretti e Alberto Franceschini per concordo morale in duplice omicidio. Nel maggio del 1990 la Corte d’Assise confermò la colpevolezza degli esecutori e mandanti con pene che andavano dai diciotto a sei anni di reclusione. Nell’agosto del 1991 il Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, propose la concessione della Grazia a Renato Curcio. Ovviamente, le famiglie delle vittime si opposero fortemente chiedendo addirittura la sospensione dallo status di cittadinanza italiana. Solo nel dicembre del 1991 la Corte d’Assise di Venezia emise definitivamente la sentenza che inasprì le pene per tutti gli imputati. Il Comune di Padova, nel 1992, dedicò alle due vittime l’intitolazione di due vie cittadine. Cosa strana avvenne invece nel palazzo di via Zabarella. Infatti mentre l’amministrazione cittadina diede il via libera, il condominio si oppose alla collocazione di una targa di bronzo commemorativa sulle sue mura. Forse per paura di rappresaglie o forse per dissenso politico, la targa fu posta su un paletto ma rasente al palazzo.


Giuseppe Mazzola e Graziano Giralucci
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