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giovedì 3 maggio 2012

ESM: dietro quel fondo più ombre che luci.



Ma siamo sicuri che per uscire dall’indebitamento occorrano ancora più debiti? Vogliamo davvero creare un’Europa a forte deficit di democrazia l’ennesimo ente non eletto? Ma sarà proprio sicuro cercare di uscire dalla crisi indebolendo ancora di più la sovranità degli stati sovrani? Dubbi legittimi, che si fanno sempre più pressanti a ridosso dell’entrata in vigore del Meccanismo europeo di stabilità (in inglese, European stability mechanism, abbreviato in Esm). Di che si tratta? Presto detto: l’Esm è un fondo di salvataggio europeo, nato dalle modifiche al Trattato Europeo approvate il 23 marzo 2011 dal Parlamento Europeo e ratificate dal Consiglio Europeo a Bruxelles l’11 luglio 2011. Nello scorso dicembre, visto l’aggravarsi della crisi dei debiti sovrani, ha deciso l’anticipazione dell’entrata in vigore del fondo, inizialmente prevista per la metà del 2013, a partire da luglio 2012. Ci siamo, quindi. Cosa dobbiamo aspettarci? Sulla carta, al solito, si tratta della consueta iniziativa decisionista e solidale pensata dai benefattori di Bruxelles: un fondo di salvataggio che avrà pieni poteri nell’accordare prestiti e nel gestire le insolvenze dei Paesi membri in difficoltà, con una capacità di circa 700 miliardi di euro che potranno essere utilizzati dall’istituzione stessa in qualunque momento e in qualunque modo. I soci sono gli stessi stati e ognuno di essi conta in base alla quota versata. Qual è la ratio dell’Esm? La solidarietà? Non esattamente. Il fondo, infatti, non eroga aiuti, ma prestiti. L’istituto erogante trae infatti profitto dai soldi che “dona” ai Paesi in difficoltà. Accade così che il paese aderente oltre a versare la propria quota di partecipazione, deve anche pagare gli interessi su ciò che chiede. Il debito che genera debito. Se si salta una rata si perde il diritto di voto fino a quando non è saldata l’inadempienza. In quel caso, inoltre, l’Esm potrà imporre la politica economica allo stato debitore, dettando le regole della finanza pubblica e privata. Democrazia e sovranità nazionale, lo vediamo bene, vanno definitivamente a farsi benedire. Più si scava e più la faccenda si fa inquietante: «Il trattato - spiega Lidia Undiemi, studiosa di diritto ed economia presso l’Università di Palermo - non è semplicemente un insieme di regole finalizzate ad ottenere la stabilità finanziaria della zona euro ma, si presti molta attenzione a questo passaggio, si tratta di un documento che disciplina l’istituzione di un organismo finanziario internazionale dove i 17 paesi aderenti, compresa l’Italia, dovranno negoziare, non in qualità di stati sovrani ma di soci e di debitori, scelte di politica economica, monetaria e fiscale al fine di ottenere la liquidità necessaria per evitare il default. Che sia chiaro dunque che l’Esm non è un “meccanismo” ma l’atto istitutivo di un’organizzazione intergovernativa, ossia un’entità giuridica distinta dai soggetti istituzionali democraticamente e costituzionalmente legittimati ad incidere sulle tematiche in questione. La sensazione è che la politica comunitaria, piuttosto che ammonire le tendenze eversive della finanza internazionale, stia spingendo verso una inarrestabile demolizione dei principi democratici». L’ennesimo mammut burocratico, finanziario, non democratico e sovrastatale, insomma. Ma molti dubbi riguardano anche l’efficacia e il funzionamento tecnico del fondo: per quanti stati contemporaneamente può funzionare? Davvero 700 miliardi (che garantiscono una capacità effettiva di erogazione di 500) sono sufficienti, dato che i paesi dell’euro ne sborseranno effettivamente solo ottanta, diluiti in cinque rate annuali?E poi c’è il problema del meccanismo farraginoso: per approvare un prestito la decisione debba essere presa all’unanimità dei ministri finanziari dell’Eurozona. Ora, non è che le istituzioni europee e i governi siano stati precisamente dei fulmini di guerra nella gestione della crisi ed è difficile immaginare blitz di salvataggio per paesi in difficoltà laddove tutti dovranno essere d’accordo su ogni singola misura. Insomma, per fare un bilancio: il meccanismo è lento, i soldi sono pochi e non si capisce bene come potranno essere utilizzati. Democrazia, sovranità nazionale, trasparenza? Non pervenuti, l’Unione Europea appare sempre più lontana dai cittadini e dalle istituzioni elette. In più avremo un nuovo inquietante carrozzone sovrastatale. Ne avevamo davvero bisogno?

Giuliano Rocca.

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