Mircea Eliade |
Mircea Eliade ha firmato alcuni dei saggi più interessanti del secolo scorso. Notevole è stata l’influenza del suo lavoro, anche fuori dall’ambito accademico, dal recinto degli studiosi di religioni e del sacro in generale. In centinaia di pagine Eliade ha raccontato «lo sciamanesimo e le tecniche arcaiche dell’estasi», il mito dell’eterno ritorno (ben più antico di Nietzsche, addirittura primordiale), l’alchimia ovvero la scienza occulta nella lavorazione dei metalli, il significato delle feste dei solstizi e degli equinozi, la varietà delle tecniche yoga. Si è anche occupato di occultismo, mode culturali, simbologia, ma il suo lavoro più noto è giustamente il poderoso trattato di storia delle religioni: un vero classico per gli appassionati dell’argomento.
Lo studioso rumeno è invece meno noto come romanziere; eppure scrisse una decina abbondante di opere narrative. Probabilmente tutte interessanti, dati il personaggio, la vastità, la profondità degli interessi. Qualche anno fa Francis Ford Coppola ha trasformato in film «Un’altra giovinezza», fresco di stampa per la collana narrativa di Jaca Book, è invece «Gaudeamus». Si tratta del secondo romanzo di Eliade, scritto nel 1928, quando era poco più che ventenne, molti anni prima del suo coinvolgimento nella Legione dell’Arcangelo Michele di Corneliu Codreanu, l’ordine iniziatico cristiano- ortodosso, nazionalista e antisemita (purtroppo, anche se la cosa era tutt’altro che rara nella Romania di allora).
È bene ricordare che negli anni della maturità, Eliade non diede mai adito al minimo segnale di antisemitismo in alcuna delle sue opere. Nella Legione di Codreanu cercava ben altro. Risulta chiaro dalla lettura del romanzo giovanile, anche perché marcato è l’elemento autobiografico. Entriamo infatti nella vita di uno studente universitario (non antisemita, sebbene non gli manchino cattivi esempi intorno) che parla in prima persona, come in un diario. Accompagnato dallo scorrere delle stagioni che mutano l’animo quanto e come il paesaggio esterno, il protagonista vive esperienze amorose e sessuali, avventure del pensiero e tensioni religiose. Soffre un po’ la scissione fra il richiamo dei sensi, (la bella compagna d’università dai capelli neri), e il l’elevazione del pensiero e dello spirito. Vorrebbe spingersi oltre le frontiere intraviste dal suo autore favorito: Giovanni Papini. Se l’italiano non è riuscito ad acquisire il sapere assoluto, ha dichiarato fallita la missione ed è tornato sotto la rassicurante cupola della Chiesa cattolica, il giovane rumeno non intende arrendersi. Ed è capace di studiare per giorni e notti intere, senza mai alzarsi dalla sedia. Materie impegnative, per giunta, come il sanscrito e l’ebraico. Naturale che si ammali per il tropo poco sonno ed eccessiva tensione nervosa, per la febbrile indagine su quali siano i limiti della sua volontà. Provvidenzialmente, sarà il suo professore di logica a dare i consigli migliori: trovarsi una fidanzata, andare in osteria e non fare il filosofo, non avere fretta di accedere alla sapienza. Sempre sulle orme dell’insegnante, (dietro il personaggio si nasconde l’intellettuale Nae Ionescu), il giovane si riavvicinerà al cristianesimo. Proprio come Eliade, che per tutta la vita, nonostante la conoscenza del tantra indù e buddista e di quasi tutti i culti della terra, anzi proprio per quel motivo, fu cristiano ortodosso. Ulteriore conferma che in Cristo tutte le religioni si incontrano, come succede a spirito e carne.
di Luca Negri
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