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martedì 29 maggio 2012

Come ci dobbiamo chiamare? «Siamo l’Italia».



di Giovanni Calabresi.

La politica di domani, come ho già scritto, deve essere fatta per strada, stringendo mani, offrendo ascolto e risposte.

È per questo che dobbiamo presentarci dicendo: «Siamo l’Italia».

Sìssignori, come abbiamo affermato dal ’94 in poi, anche se ad un certo punto sembriamo averlo dimenticato,  noi “Siamo l’Italia” che sorride anche nelle difficoltà; che è ottimista, che lavora e produce per dare un futuro alle nuove generazioni, ben coscienti delle difficoltà del momento.

“Siamo l’Italia” consapevole che – come sosteneva Einstein – ogni crisi è occasione di creatività e di rinascita per uomini e donne che guardano avanti e non si piangono addosso.

“Siamo l’Italia” che non ci sta a ricoprire in Europa un ruolo da gregaria, perché abbiamo dato tanto al suo passato e possiamo dare ancora di più al suo futuro.

“Siamo l’Italia”  che apre le braccia a quanti vogliono offrire il loro contributo al futuro nazionale e continentale e lo vogliono fare nel rispetto delle regole ed in nome della Libertà, consapevoli che apparteniamo tutti all’unica famiglia umana.

“Siamo l’Italia” che crede nello sviluppo e rifiuta le ideologie, figlie di un passato ormai metabolizzato e che non deve tornare.

“Siamo l’Italia” che depreca la violenza e gli atti di terrorismo, appartenenti anch’essi ad un passato doloroso e sepolto.

“Siamo l’Italia” della cultura e dell’arte non concepite come statiche e figlie di un passato da contemplare, ma dinamiche e portatrici di nuova bellezza ed armonia.

Ecco, sono convinto che se andremo in giro con questo spirito e portando questo messaggio di speranza, niente ci potrà fermare, ma dobbiamo crederci  e, quando busseremo alle porte e ci chiederanno «chi è?» risponderemo, con voce sorridente: «Siamo L’Italia»


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