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venerdì 9 marzo 2012

“Borsellino ucciso perché ostacolo alla trattativa tra Stato e mafia”.



“La trattativa tra mafia e Stato è avvenuta, e Borsellino lo sapeva”. Lo ha confermato il procuratore aggiunto di Caltanissetta, Domenico Gozzo, nel corso della conferenza stampa sui quattro nuovi arresti eseguiti questa mattina all’alba dalla Dia di Caltanisetta nell’ambito della revisione del processo sulla strage di via d’Amelio in cui morirono il giudice Borsellino e 5 agenti della sua scorta, Agostino Catalano, Eddie Walter Cusina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi e Claudio Traina. I provvedimenti a firma del Gip di Caltanissetta Alessandra Giunta, nei quali per la prima volta viene contestata l’aggravante della finalità di terrorismo, riguardano il capomafia palermitano Salvatore Madonia, 51 anni, ritenuto tra i mandanti della strage e i boss Vittorio Tutino, 41 anni, che rubò insieme con Gaspare Spatuzza la 126 imbottita di tritolo usata per la strage, e Salvatore Vitale, 61 anni, che abitava nel palazzo della madre di Borsellino, in via d’Amelio, e secondo gli inquirenti avrebbe fatto da talpa agli stragisti. L’unico ancora a piede libero era l’ex pentito di Sommatino (Caltanissetta), Calogero Pulci,  accusato di calunnia aggravata.

Secondo i magistrati nisseni, Borsellino venne ucciso perché era ritenuto dal boss Totò Riina un “ostacolo” alla trattativa tra Stato e mafia. Una trattativa che “sembrava essere arrivata su un binario morto” e che Riina volle “rivitalizzare” con una sanguinaria esibizione di potenza. “La tempistica della strage – scrivono i magistrati nisseni – è stata certamente influenzata dall’esistenza e dalla evoluzione della così detta trattativa tra uomini delle Istituzioni e Cosa Nostra”. “Dalle indagini è altresì risultato – proseguono i pm – che della trattativa era stato informato anche il dott. Borsellino il 28 giugno del 1992. Quest’ultimo elemento aggiunge un ulteriore tassello all’ipotesi dell’esistenza di un collegamento tra la conoscenza della trattativa da parte di Borsellino, la sua percezione quale ‘ostacolo’ da parte di Riina e la conseguente accelerazione della esecuzione della strage”.

E, nel corso della conferenza stampa, il pm di Caltanisetta Gozzo ha ricostruito alcuni passaggi chiave emersi dalle indagini. “De Donno (l’ex capitano del Ros e braccio destro dell’allora colonnello Mario Mori ndr) ci riferì che la notizia sulla trattativa era stata riferita al dottor Ferraro del ministero di Grazia e giustizia, allo stesso ministro Martelli e al presidente del Consiglio dei ministri. Quindi i più alti vertici dello Stato sapevano della trattativa che all’inizio non venne comunicata all’autorità giudiziaria. Peraltro – ha aggiunto il pm – il colonnello Mori all’epoca sentì anche l’onorevole Folena, deputato in Sicilia e responsabile del settore giustizia del Pds”. Secondo gli inquirenti nisseni, “Borsellino aveva appreso della trattativa con lo Stato nel pomeriggio del 28 giugno 1992” e, ha sottolineato il pm Gozzo, si mostrò contrario: “Ne parlò con la moglie Agnese, riferendole dei dialoghi tra esponenti infedeli dello Stato e Cosa nostra. Inoltre le raccontò della presenza di un ‘traditore’ ”. Nella ricostruzione e secondo quanto emerso dalle dichiarazioni del pentito Gaspare Mutolo, ha concluso il pm, Riina “si rabbuiò perché c’era un ostacolo alla trattativa, che evidentemente era costituito da Borsellino. A quel punto fu organizzata in breve tempo la strage di via D’Amelio”.

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