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domenica 25 marzo 2012

Una volta a dirci bugie c’erano gli spot elettorali, oggi c’è lo spread.




Come è possibile che ad ogni sussulto di democrazia si impenni lo Spread?
Perché oggi dobbiamo essere schiavi, sudditi di un indice indicativo del nulla?
Fino a pochi mesi fa ricordo che i governi venivano eletti democraticamente, c’era una sfida elettorale, c’erano gli spot e i trucchi tirati fuori dal cilindro all’ultimo momento per catturare gli indecisi, insomma i cosiddetti “ignavi” che han sempre determinato la vittoria o la sconfitta di un fronte piuttosto che dell’altro.

Poi per quattro Governi Berlusconi (uno bis) qualunque cosa si fosse fatta veniva demonizzata, calpestata. Giusta o sbagliata che fosse, ogni azione di uno staff suffragato da milioni di cittadini che barravano un simbolo con la scritta  “Berlusconi Presidente” sicuramente non aveva legittimità morale, etica e giuridica per fare riforme o cambiare lo status quo.

D’improvviso lo Spread (ovvero un differenziale tra il rendimento di titoli di Stato) inizia a riempire le cronache nazionali ed europee. I titoli dei giornali non parlano d’altro, l’Europa non fa che progettare misure per calmierare un indice sbilanciato rispetto al rendimento dei Bund tedeschi, il “popolo della libertà”, il Cavaliere e tutti coloro che da sempre han gridato “Rispetteremo il mandato popolare; Sono unto dal Signore; Berlusconi od elezioni” si sono chinati ai dettami della finanza.

Il centro-destra ed il carisma del suo leader non sono stati lesi da Repubblica, il gossip, la magistratura e vent’anni di inchieste con avvisi di garanzia e ruby-gate vari. No, l’unico episodio che con un dito ha smosso ciò che sembrava la più grande maggioranza della storia repubblicana è stata la crisi finanziaria mascherata e pilotata tramite le agenzie di rating e le Banche internazionali.

Italia, Grecia, Spagna. Paesi diversi con storie simili, stiamo vivendo da anelli deboli di una catena, o da cavie per cui diventa lecito qualunque atto d’esproprio di una sovranità sempre più sofferente dinanzi alle istituzioni.  Tuttavia si è delineata finalmente la cruda verità. Il potere economico, quello da sempre ignorato dai libri di diritto (han sempre decantato il potere legislativo, giudiziario, ed esecutivo), è l’unico che non abbiamo mai avuto: dal 1982 quando divenne effettivo il divorzio tra Tesoro e BankItalia l’asse delle decisioni si spostò dalle assise pubbliche ai Cda bancari.

Oggi, così come dieci anni fa quando ci provò il Cav, le piazze sono agitate per la modifica dell’articolo 18. Eppure la sinistra ha applaudito con sperticate lodi l’arrivo di gente competente nelle sedi ministeriali, adesso cosa accade? Accade che la demagogia anti-berlusconiana è crollata e con essa il muro invalicabile per cui era amorale cambiare qualunque cosa. C’è l’esigenza finalmente di affrontare di petto le questioni e senza pregiudizio, esigenze che la sinistra italiana non ha mai sentito né fatte proprie.

Le prossime elezioni (sempre se ce ne saranno ancora, oramai a che servono?) porteranno alla vittoria lo schieramento che in questo anno e mezzo avrà mantenuto una linea di coerenza rispetto ai principi ed ai valori che da sempre hanno mosso la propria storia. E’ chiaro che nessuno oggi sia in grado di “scagliare la prima pietra”.

Quindi vincerà il partito degli astenuti che legittimerà ed ingrosserà le fila dei sostenitori tecnici, quelli che non credono più nella democrazia. Siamo all’ultimo anelito di vita della giovialità al governo. Non ci saranno più i sorrisi televisivi del Biscione sulle reti mediaset, accontentatevi dei bronci tormentati dallo spread.

di Andrea Lorusso.

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