Se non bastasse il caso dei due ragazzi del reggimento San Marco detenuti tra le stalle e i serpenti del carcere di Trivandrum, sperduto buco dell’India, ecco che arriva il tragico caso di Franco Lamolinara a evidenziare quanto poco (per non dire nulla) conti l’Esecutivo italiano sulla scena internazionale. Quanto accaduto in Nigeria è gravissimo: un governo straniero ha avviato un’operazione armata per liberare due ostaggi senza avvertire il paese da cui proveniva uno dei sequestrati.
Gli inglesi, insomma, hanno fatto tutto da soli (insieme ai nigeriani), evitando accuratamente di informare governo e servizi segreti italiani sul blitz imminente. Hanno tenuto tutto accuratamente segreto, limitandosi a notificare il fallimento dell’operazione solo a cose ormai drammaticamente avvenute. E’ stato il premier Cameron ad alzare la cornetta e a chiamare, addolorato e contrito, il suo amico Mario Monti, dicendogli quel che era accaduto.
Il nostro, pur stimatissimo, amatissimo, apprezzatissimo dal globo intero, è cascato dalle nuvole: nessuno gli aveva detto nulla, nessun canale diplomatico o d’intelligence aveva fatto sapere a Roma che agenti di Londra stavano per entrare in azione mettendo in pericolo la vita di un ostaggio italiano. Ecco che allora arriva “l’irritazione” di Palazzo Chigi, seppure in ritardo e solo dopo un giro di consultazioni con Farnesina, Difesa e Quirinale.
Chissà cosa si saranno detti Monti, GiulioMariaTerzidiSant’Agata e l’ammiraglio Giampaolo di Paola, pronti a pendere dal labbro quirinalizio di Giorgio Napolitano, la cui teoria (come abbiamo potuto constatare) è quella del “non disturbare gli altri paesi“, anche se ti ammazzano o ti imprigionano i connazionali.
E’ uno smacco, un insulto che nessuna conferenza stampa da Downing Street potrà cancellare. E’ la storia, triste e un po’ penosa, di un governo che fa il figo solo con banchieri, burocrati e baroni universitari. Appena usciti da questo recinto, Monti e i suoi sottoposti fanno piangere e rimpiangere chi (seppur puttaniere) andava a parlare al Congresso degli Stati Uniti d’America.
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