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venerdì 2 marzo 2012

Ecco perché i No-Tav hanno torto: fanno gli interessi della Merkel e di Sarkozy.



Di chi fanno gli interessi i No Tav? Non certo dell’Italia. Secondo i dati del Certet, centro studi della Bocconi dedicato ai trasporti, le cifre non lasciano margini di dubbio sulla necessità dell’opera.
Dalla pianura padana, dove si genera oltre il 75 per cento delle esportazioni italiane in valore, sarebbe possibile arrivare nel resto d’Europa dimezzando i costi e riducendo i tempi dei trasporti. Una direttrice cruciale, visto che Francia, Gran Bretagna e Spagna valgono il 23 per cento dell’interscambio commerciale dell’Italia e da questi proviene il 21 per cento dei turisti.  
E se la Merkel e Sarkozy ufficialmente caldeggiano la costruzione delle linee ad Alta velocità anche nel nostro Paese, è vero pure che uno scenario europeo dove le nostre merci possono arrivare nella case francesi e tedesche in tempi brevi, può influenzare gli scenari economici a nostro vantaggio. Il dossier dell’Istituto nazionale per il commercio estero parla chiaro: i due maggiori partner commerciali di beni che transitano attraverso le Alpi occidentali sono la Francia e la Germania. Dal 2006 al 2008 la maggioranza dei prodotti scambiati tra le tre nazioni sono stati in uscita dall’Italia, mobili (esportati dall’Italia alla Francia) frutta (esportata dall’Italia alla Germania). In particolare, la linea ridurre drasticamente il traffico di merci strada.
Basti pensare che, nell’ultimo decennio, secondo uno studio dell’economista francese Prud’homme il traffico ferroviario, a causa dei collegamenti lenti e difficoltosi, è diminuito del 25 per cento in favore del trasporto su camion. Con la Tav l’inversione di tendenza apporterebbe un consistente beneficio all’ambiente, con la riduzione drastica del Co2 prodotto dai motori del trasporto su gomma. Per tornare al vantaggio economico per la nostra economia, al momento, a causa della difficoltà dei collegamenti ferroviari attraverso le Alpi, esiste uno squilibrio strutturale tra il traffico in entrata (nel 1997, trenta milioni di tonnellate) e quello in uscita (nello stesso anno appena quindici milioni di tonnellate). Inoltre, il mancato corridoio dell’alta velocità ci priva della possibilità di scambio di merci con la penisola iberica e le isole britanniche. Opportunità, invece, che grazie alla Torino-Lione e ai recenti collegamenti veloci tra Francia e Gran Bretagna, si presentano per il nostro export. Per l’economia italiana – ha spiegato al Sole 24 ore Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere (l’associazione delle Camere di commercio) – l’export è vitale.  «La Tav Torino-Lione – ha sottolineato Dardanello – è un segmento determinante del corridoio 5 Lisbona-Kiev; il Terzo valico Genova-Tortona-Milano è un tratto altrettanto basilare del corridoio 24 Genova-Rotterdam. «Noi siamo un paese che vive di esportazioni e non possiamo precludere alla nostre imprese importanti sbocchi di mercato perché incapaci di realizzare le grandi direttrici di trasporto utili a raggiungere milioni di consumatori. Tagliare fuori l’Italia dai grandi corridoi europei – ha detto il presidente di Unioncamere – per il trasporto di merci e persone significa condannare a un ruolo marginale e periferico migliaia di piccole e medie imprese che vivono di export».         
Il punto è chiaro: le proteste dei No Tav, se disgraziatamente andassero davvero in porto, ci farebbero retrocedere al livello di Malta, Cipro e Grecia, nazioni dove le tratte ferroviarie sono pressoché inesistenti. Ma vuoi mettere la bellezza del paesaggio?


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