Yulia Timoshenko è in carcere. Da quasi un anno. L’eroina della rivoluzione arancione ucraina è addirittura accusata di abuso di potere. Il regime del presidente Yanukovich intende anche toglierle i diritti elettorali per evitare la sua candidatura alle elezioni parlamentari del 28 ottobre.
Yulia è malata. Lo sta annunciando a tutto il mondo la figlia Eugenia, che è venuta anche a Roma a gridarlo. Yulia non può essere neppure visitata. L’ambasciatore britannico a Kiev è stato rimandato indietro dal carcere di Kharkov. I deputati svedesi arrivati fino a lì hanno subito lo stesso trattamento. Anch’io attendo la stessa sorte. Anche il suo ministro Lutsenko è stato arrestato. Il marito di Yulia è fuggito a Praga.
Il Parlamento europeo dice che è una vergogna che il capo dell’opposizione sia in carcere in Ucraina. I membri della Ue rinviano il negoziato per l’ingresso del Paese in Europa. Molti parlamentari sostengono però che sia un errore: non si può isolare Kiev. Penso che è Kiev che si stia isolando dal resto d’Europa.
Che dovremmo fare noi con chi portò in Italia il debito pubblico dal 40 al 120 per cento del Pil dal 1989 al 1993? Altro che abuso di potere! Si può imprigionare una scelta politica, pur sbagliata, come l’accordo con la Russia per il gas? Yulia difende le proprie scelte, non si nasconde dietro alcun “non sapevo”. Non ha mai preso un aereo o gestito un finanziamento pubblico “senza sapere chi ha pagato cosa”. Noi siamo con Yulia nella sua cella-sala di tortura di Kharkov. Il Ppe è con lei. Se non isoliamo Kiev, non isoliamo neppure Minsk o L’Avana o Caracas o Damasco. L’Europa è in crisi quando sceglie due pesi e due misure. L’Italia ha bisogno di una vigorosa politica estera che difenda strenuamente diritti e interessi. Tutto il resto è propaganda.
Fonte: Secolo d'Italia.
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